“Qui dentro non c’è niente”. Sono più o meno le 11.30 di sabato 20 novembre 2010. Chi parla è un medico dell’ospedale Santo Spirito di Roma, ad un passo da piazza San Pietro. Ha appena terminato di radiografarmi la scatola cranica, sta riposizionando nell’angolo solito i macchinari che ha usato. “In questa testa non c’è niente”. Io: “Dotto’…!”. Lui: “Voglio dire… niente di patologico”.Sorrido. Ho bloccato sul nascere una perigliosa diceria circa le mie capacità mentali. Ho saputo che la solennissima capocciata che ho dato un’ora fa contro un plinto di una colonna del Bernini a piazza S. Pietro non ha avuto conseguenze drammatiche come c’era da sospettare. Bene. Mancava qualche minuto alle 10, ero appena in tempo per sbugiardare la promessa fatta proprio da queste colonne, la promessa di non partecipare alla cerimonia dell’imposizione della berretta cardinalizia a don Fortunato Baldelli. Non ci sarò, avevo detto. Non ci sarò per invidia, per pura invidia. Avevo detto. Poi però il cuore ha delle ragioni che la ragione non conosce. Sabato 20, ore 9.30. Emerso dalla stazione Ottaviano della Metro A… il diluvio. Acquisto da un venditore olivastro un ombrello da 5 euro non negoziabili e parto a razzo. Via, via! Verso S. Pietro. Schizzi d’acqua dappertutto. Avanti, avanti! Non credevo che le mie gambe fossero ancora capaci di performance come questa. Via Ottaviano, piazza del Risorgimento,via di Porta Angelica. Via, via! Avanti, avanti! Fradicio fino ai ginocchi. Via, via! Avanti, avanti! Ho attraversato di slancio il fornice al termine di via di Porta Angelica, finalmente al coperto ho messo piede sul pavimento del porticato berniniano e… Il mio impianto frenante era fuori uso. Mamma mia, quant’è duro il plinto della prima colonna a sinistra. Gli altri… non saprei, ma quello è duro bene. Mi sono ritrovato con uno sbrego sulla parte sinistra della fronte e la faccia piena di sangue. “Sono un medico”: la giovane signora ha impiegato un’intera confezione di fazzolettini di carta per tentare di prosciugarmi il rosso liquido della vita. Poi l’ambulanza, l’ospedale, i tre punti di sutura, la sciagurata battuta del medico sulla testa vuota. Ho fatto a tempo a raggiungere il card. Baldelli nel salone del palazzo della Cancelleria, per il pranzo. Squisito. Al suo fianco. Ipotesi semisacrilega: e se avessi dovuto scegliere fra la cerimonia a S. Pietro e questo pranzo? Ne sarebbe nato un dilemma sacrilegamente cornuto. Ma la Provvida Sventira ne ha disinnescato per tempo il potenzile d’angoscia.
Quel plinto, questo pranzo
AUTORE:
Angelo M. Fanucci