Sabato prossimo saranno quattro mesi da quando è stato eletto Papa Jorge Mario Bergoglio. E io da quattro mesi galleggio. Galleggio su un oceano di quella pace che quest’uomo versa su tutti, con la naturalezza di una placida, piccola sorgente dei nostri Appennini. Galleggio su un oceano di orgoglio per essere un figlio della santa Chiesa cattolica, apostolica e romana, dal cui vertice scende questa figura bianca, che chiede a me come chiede a tutti di aiutarlo a migliorarla la sua e nostra Chiesa; e io non ho più paura né del confratello che, a causa del mio modestissimo tentativo di leggere la Parola secondo i dettami dell’interpretazione storico-critica, mi invita a “buttare alle ortiche” la tonaca (ma sono 50 anni che l’ho riposta nell’armadio degli abiti carnevaleschi!), né ho paura dell’esorcista che senza nominarmi tenta d’infilzarmi con le sue corna piene di veleno. Galleggio su un oceano di gratitudine al mio Signore Gesù Cristo, che permette alla mia vecchiaia di vivere questa incredibile ventata di giovinezza.
Quel 13 marzo, cantando un versetto del Miserere nell’aula Nervi, avremmo dovuto festeggiare davanti a Benedetto, stretti intorno al maestro del coro Franco Salciarini, i 50 anni della ricostituzione di quel “Coro della Madonna” che, facendo culmine nella processione del Venerdì santo, per le vie di Gubbio, all’inizio della notte dei martedì e venerdì di Quaresima, canta la nostra sconfinata fiducia in Colui che non si limitò a “togliere il peccato del mondo”, come se fosse un’amnistia qualsiasi, ma del peccato del mondo “si fece carico”, con le proprie mani straziate, sulle proprie spalle piagate. Dovevamo, poi non fu più possibile. E la sera di quel 13 marzo dal balcone dell’aula delle benedizioni ci arrivò il più inatteso e il più gradito dei “buona sera!”.
Quest’uomo parla sempre da uomo. Questo cristiano parla sempre da cristiano. Questo prete, questo vescovo ha messo da parte le antiche regole dell’omiletica come ha messo da parte i brelocchi di un abbigliamento d’altri tempi e “dice il Vangelo” con la semplicità che il Vangelo merita. Lo ha fatto anche a Lampedusa, lodando la grande generosità che anima chi in quel nostro avamposto accoglie gli africani che fuggono dalla morte, e condannando duramente, senza inutili “distinguo”, la politica antisolidale che quell’orribile gabbiotto incarna.“Un conto è predicare, un altro conto è governare” ha commentato Fabrizio Cicchitto, che secoli or sono fu il delfino di Riccardo Lombardi e un antiberlusconiano feroce. Gli ha replicato, sul Tg3 delle 19, Laura Boldrini con una disamina del carattere istituzionale dell’immigrazione: una vera e propria lezione, a giustificare a 360 gradi il nostro ennesimo ringraziamento a Papa Francesco.