Sembra reggere, la fragile tregua proclamata unilateralmente dal leader ribelle Laurent Nkunda nel nord Kivu, nell’est della Repubblica democratica del Congo, ma la situazione umanitaria rimane molto grave. L’Associazione italiana amici di Raoul Follereau (Aifo) ha inviato all’agenzia Fides l’appello lanciato da suor Giovanna Gallicani, collaboratrice presso il progetto Aifo per l’infanzia a Goma, dove i profughi che hanno abbandonato i loro villaggi, quasi sempre dati alle fiamme, si riversano come un fiume su Goma, che non riesce più a coprire le esigenze della popolazione. Si parla di 2 milioni di persone, che si ritrovano accampate in luoghi di accoglienza improvvisati dove manca tutto: cibo, acqua e medicine. Suor Giovanna afferma: ‘Abbiamo passato due giorni terribili, nei quali l’Armata nazionale ha fatto saccheggi, esecuzioni e violazioni di ogni genere. Rimane l’incertezza, la paura… Preghiamo perché la guerra finisca! Gli sfollati di guerra hanno invaso la città e finora in pochi si occupano di loro… Speriamo nei prossimi giorni’. Sul piano politico, dopo il vertice di Nairobi della scorsa settimana, che ha prodotto solo un appello per porre fine alle ostilità, il vertice della Comunità degli Stati dell’Africa australe (Sadc) tenutosi a Johannesburg (Sudafrica) ha affermato la disponibilità dei membri della Sadc di inviare proprie truppe nella regione congolese per ristabilire la pace. La scorsa settimana il neo premier congolese Adolphe Muzito si è recato nel nord e sud Kivu per confortare la popolazione e affermare l’impegno del Governo di Kinshasa. Mons. FranÈois-Xavier Maroy Rusengo, arcivescovo di Bukavu (capoluogo del sud Kivu), ha scritto una lettera aperta al premier congolese nella quale afferma che il ‘dramma congolese ha delle implicazioni economiche e politiche a livello internazionale, nazionale e locale’. Quelle internazionali, ricorda l’Arcivescovo, vanno ben oltre il contesto africano, al punto che mons. Rusengo si chiede se non sia possibile organizzare un vertice ‘tra gli Usa, l’Unione europea e alcuni Paesi asiatici per armonizzare i loro interesse geostrategici, economici e persino fondiari che alimentano le tensioni mortali della nostra regione in generale e del Congo in particolare’. A parlare all’agenzia Sir della situazione nel Nord Kivu, in un’intervista telefonica da Goma, il 4 novembre, è anche Edoardo Tagliani, della Fondazione Avsi, organizzazione non governativa, onlus, nata nel 1972 e impegnata con oltre 100 progetti di cooperazione allo sviluppo in 39 Paesi del mondo. (Un più ampio reportage sul sito www.agensir.it). ‘Le persone qui hanno bisogno di tutto ‘ afferma l’operatore dell’Avsi, presente in Congo da cinque anni. ‘ Siamo in una vera e profonda emergenza. Ci sono migliaia di bambini che da 14 mesi vivono in condizioni disumane in improvvisati campi profughi dove manca il minimo per sopravvivere’. L’est Congo, dicono all’Avsi, ‘conta i suoi morti da troppo tempo. Ad oggi ne ha contati, secondo stime esageratamente prudenti, più di 6 milioni. La guerra del Congo è una guerra sconosciuta, non dimenticata’. ‘Per scordare qualcosa è necessario, prima, conoscerlo ‘ sottolinea Tagliani. ‘ Quattordici anni di atrocità dei quali il mondo sembra se ne sia accorto solo oggi’.