“Se l’uomo vive da figlio di Dio, fa del bene anche al creato, cooperando alla sua redenzione”. Lo afferma Papa Francesco nel Messaggio per la Quaresima 2019, pubblicato nei giorni scorsi ma firmato 4 ottobre 2018 (festa di san Francesco d’Assisi). Scelta non casuale, quest’ultima, visto che il breve messaggio, indirizzato alla Chiesa universale, riporta una delle particolari preoccupazioni che contraddistinguono l’attuale pontificato: la cura del creato, come dimostrato anche dall’enciclica Laudato si’ (del 24 maggio 2015), che muove i suoi primi passi proprio dal Cantico di Francesco.
L’attenzione alla “casa comune” trova il suo posto al centro del messaggio per la Quaresima di quest’anno: “Il creato stesso può ‘fare Pasqua’: aprirsi ai cieli nuovi e alla terra nuova”. Nella nostra predicazione sembra quasi dimenticata, questa dimensione cosmica della redenzione, eppure la liturgia pasquale non la nasconde: “In lui, vincitore del peccato e della morte, l’universo risorge e si rinnova, e l’uomo ritorna alle sorgenti della vita” (Prefazio pasquale IV).
Le parole del Papa sono l’ulteriore tentativo di un padre premuroso che si rivolge ai suoi figli affinché il tempo di Quaresima diventi un reale cammino spirituale e umano, non un vago parlare di conversione.
Il testo, intessuto con la Parola di Dio e i formulari liturgici, per costruire una trama certa e ricca, prende origine dalle parole dell’apostolo Paolo nella Lettera ai Romani (8,19): “L’ardente aspettativa della creazione è protesa verso la rivelazione dei figli di Dio”, per richiamare con forza i cristiani a “ripercorrere lo stesso cammino [di Gesù], per portare la speranza di Cristo anche alla creazione, che ‘sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio’ (Rm 8,21)”.
Questo cammino quaresimale, ricondotto nella tipica dimensione della conversione, si inserisce in un percorso che trova il suo inizio nella volontà creatrice e redentrice di Dio, il quale ha creato tutto buono e in armonia, ma a causa del peccato “si è venuto a incrinare anche l’armonioso rapporto degli esseri umani con l’ambiente in cui sono chiamati a vivere, così che il giardino si è trasformato in un deserto.
Si tratta continua il Papa – di quel peccato che porta l’uomo a ritenersi dio del creato, a sentirsene il padrone assoluto e a usarlo non per il fine voluto dal Creatore, ma per il proprio interesse, a scapito delle creature e degli altri”. Risuonano qui le parole riportate nel racconto della Genesi (2,15): “Il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse”. Nel racconto biblico l’uomo sembra quasi essere al servizio del creato con il compito di custodirlo, perché il creato non gli appartiene ma è proprietà di Dio.
Ancora oggi “il peccato che abita il cuore dell’uomo – afferma il Pontefice porta allo sfruttamento del creato, persone e ambiente, secondo una cupidigia insaziabile che ritiene ogni desiderio un diritto, e che prima o poi finirà per distruggere anche chi ne è dominato. Per questo [il creato] ha la necessità impellente che si rivelino i figli di Dio, coloro che sono diventati nuova creazione”. L’uomo in questa Quaresima è dunque chiamato a ritornare a essere collaboratore di Dio nell’opera redentrice, che investe non solo lui stesso ma tutto il creato.
La Quaresima – scrive ancora Bergoglio – è “segno sacramentale di questa conversione” e “chiama i cristiani a incarnare più intensamente e concretamente il Mistero pasquale nella loro vita personale, familiare e sociale”.
Già dal Mercoledì delle ceneri, che apre il tempo di Quaresima, con la proclamazione del Vangelo di Matteo viene indicata la triade del digiuno, preghiera ed elemosina, poi ripresa ancora nella colletta della III domenica di Quaresima, per intraprendere la via della conversione.
Per questo il Papa, che attinge sempre dai tesori della Parola e della liturgia, rilancia il digiuno per sfuggire “dalla tentazione di ‘divorare’ tutto per saziare la nostra ingordigia”, anche nei confronti del creato; la preghiera “per rinunciare all’idolatria e all’autosufficienza del nostro io”, riconoscendoci creature e non creatori; e l’elemosina “per uscire dalla stoltezza di vivere e accumulare tutto per noi stessi”, che ci fa dimenticare gli ultimi e la cura del pianeta.
Francesco Verzini