Quando crollano i campanili …

Chi segue la politica in queste settimane – e chi non la segue?- sente spesso stringersi il cuore. Mancano tre mesi, e poi sapremo se si salverà l’euro. E se non si dovesse salvare, che succederà? Chi lo sa? I pochi risparmi della famiglie normali, che fine faranno? Quante imprese chiuderanno e di quanto aumenterà la disoccupazione? Ci si dovrà guardare dai faciloni e i demagoghi che hanno sempre la ricetta in tasca per ogni problema, riconsiderando la complessità delle cose in un orizzonte più vasto e le conseguenze delle scelte che si compiono.

La caduta dell’euro, oltre tutto, rischierebbe di mettere in crisi il lungo, faticoso e suggestivo processo che ha portato all’Unione europea, pur ancora incompiuto, riportando in vita residuali egoismi localistici e rigurgiti di nazionalismo, veicolo di conflittualità permanente e di guerre – non più solo di mercati, ma di eserciti. L’unità europea, ripercorsa nelle sue fasi e ricompresa nello spirito che ha animato i suoi ideatori, l’italiano De Gasperi, il tedesco Adenauer e il belga Schuman, tutti e tre grandi statisti cattolici, deve essere considerato il più importante progetto politico della storia delle nazioni che compongono il Vecchio Continente.

Con questo progetto, l’Europa ha aperto – nella seconda metà del secolo scorso – una via di soluzione di secolari conflitti che hanno prodotto milioni di morti. Essa offre un esempio a zone del mondo che soffrono ancora di guerre nazionali, religiose e persino tribali, indicando la possibilità di costituire una fraternità di popoli disposti a collaborare e costruire insieme una civiltà su valori condivisi. Un pensiero va, ad esempio, al Continente africano, per il quale un commentatore politico come Isidore Rukira Jean Baptiste, ben conosciuto in Umbria, propone, da anni, con insistenza, la formazione di un organismo unitario, efficiente e credibile degli Stati africani.

Tutto ciò suppone che anche le regole siano condivise e rispettate, e a questo punto ognuno, nei vari Paesi europei, si deve domandare non solo che cosa possa accadere a lui se le cose vanno male e lamentarsi per quello che molti stanno soffrendo, ma anche che cosa lui singolarmente e noi tutti insieme, ognuno nella situazione in cui concretamente si trova possa fare perché il peggio non accada. Superare il senso di impotenza non è facile se non attraverso lo sforzo di cogliere con sguardo attento i segni di speranza, non lasciandosi sedurre dai divulgatori di disprezzo, sospetti e pessimismo ideologico, facendo spazio alle riflessioni critiche e costruttive. Ma si deve soprattutto fare e dare alla costruzione del bene comune quello che si è in grado di fare e di dare. Sant’Antonio da Padova (13 giugno) ricorda, in un bellissimo sermone, che “Vivo ed efficace è il discorso in cui parlano le opere”.

In un tempo in cui crollano campanili e capannoni, case e chiese, per non rimanere sotto le macerie e risorgere bisogna ascoltare il suono delle campane che continuano ad annunciare la festa, e il passo dei giovani (centomila) in una notte di cammino verso Loreto. Anche il campanile di San Marco nel 1511 crollò per un terremoto, e molti altri ancora cadranno, ma i veneziani non sono rimasti inerti. Come gli emiliani che stanno già dimostrando una decisa voglia di ripresa.

AUTORE: Elio Bromuri