di Angelo M. Fanucci
Ho promesso di parlarne, perché lo sento molto, “mi intriga” come dicono Lorsignori nella loro lingua: ma… i santi che la Chiesa ufficialmente ci propone come modelli di vita cristiana, lo sono sempre, in tutto e per tutto? Splendidi alberi fioriti nel giardino del Padre, ma… è possibile che qualcuno conservi qualche ramo non potato?
All’indicazione della Chiesa che lo ha canonizzato non si può che dire sì, ma… è possibile aggiungere ai motivi di quella canonizzazione uno o più “ma”? Ad esempio, se vi confesso la mia forte antipatia per san Cirillo di Alessandria, mi prendete per un “borderline”? Devo trovare l’alchimia giusta per tramutarla in simpatia? Vi racconto molto succintamente come è nata, quell’antipatia: l’ho contratta rivedendo per la seconda volta un film del 2009, Agorà, un affascinante prodotto del regista spagnolo Alejandro Amenábar (da non confondersi con Pedro Almodovar, anche lui spagnolo, molto bravo e un po’ sporcaccione). Agorà racconta la storia di Ipazia, un’astronoma di grande cultura scientifica e filosofica, un’esponente del neoplatonismo vissuta ad Alessandria d’Egitto a cavallo fra il IV e il V secolo. Dopo una serie scontri ideali, Ipazia fu uccisa in maniera atroce da una folla di cristiani in tumulto, con in testa certi monaci tetri, grondanti fanatismo, detti “parabolani”; ma dietro i parabolani s’intravede, se non proprio il consenso, perlomeno il silenzio/assenso di Cirillo, vescovo della città. Lo insinua una persona seria, lo storico del tempo Socrate Scolastico, nel VII libro della sua Storia ecclesiastica. Dice: “Tale fatto comportò una non piccola ignominia sia a Cirillo sia alla Chiesa alessandrina” perché quello era un comportamento del tutto estraneo alla collaudata prassi dei cristiani, “ai quali sono totalmente estranee le stragi e le lotte e tutte le cose di tal fatta”. Il film Agorà sposa questa tesi. Già, ma sia la Chiesa cattolica che le Chiese ortodosse venerano Cirillo d’Alessandria come santo; e nel 1882 poi Leone XIII l’ha addirittura proclamato Dottore della Chiesa. “Era solo un uomo del suo tempo” mi sussurrano. Già ma, come tutti noi, anche lui – anzi lui in particolare, come vescovo della Chiesa santa di Dio era istituzionalmente preposto a ribaltare la logica di un tempo, qualunque esso sia, che santifica l’uccisione del presunto eretico.
Bah! Per quello che mi riguarda, quando nella Guida liturgico-pastorale pubblicata dalla Conferenza episcopale umbra per il 2017-2018, al 27 giugno leggo “Mercoledì della XII sett. del T. O. Opp. S. Cirillo d’Alessandria, vescovo e dottore”… è più forte di me, quell’“Opp.” non lo prendo in considerazione. Sbaglio?