Purché non siano ‘micro’ le idee

PICCOLE E MEDIE IMPRESE. In Umbria sono numerose le micro, imprese. Pochi investimenti nella ricerca

Poco più di un mese e mezzo fa, la segreteria tecnica del Patto per lo sviluppo dell’Umbria intravedeva ‘una certa capacità delle piccole e medie imprese dell’Umbria di aggregarsi in distretti’. Come dire: l’Umbria ha voglia di fare impresa. Ma anche che, a questa capacità, non corrispondeva una equivalente capacità ‘di crescere nella dimensione e nell’approccio al cambiamento’. In chiusura, la nota del Patto, seminava un dubbio amletico, quanto pesante: ‘Andrebbe analizzato più approfonditamente se ‘il piccolo passo in più’ da compiere sia caratterizzato da oggettive difficoltà strutturali, o non sia frutto anche di una resistenza al cambiamento’. Umbria, terra di microimpresaNel giugno 2005, la Confederazione delle piccole e medie aziende (Confapi) scattò questa fotografia: nel 37 per cento dei casi, l’azienda umbra è piccola o micro ed opera per il 33 per cento nell’industria e per il 30 per cento nel commercio: il fatturato varia da 1 a 3 milioni di euro all’anno, il numero dei dipendenti (nel 36 per cento dei casi) è inferiore a cinque. Più che di piccola impresa, l’Umbria è pertanto terra di microimprese. Brevetti, questi sconosciutiDove investe la piccola, media e micro impresa dell’Umbria? Senza alcun dubbio, stando agli ultimi dati del secondo semestre 2004, i suoi imprenditori prediligono acquisire impianti, attrezzature e macchinari (36,7 per cento). Ben distanziati sono tutti gli altri tipi di investimento: solo il 9,9 per cento degli imprenditori delle Pmi investe in certificazione e formazione, seguito da un 8,7 per cento in pubblicità. Invece sono molto modesti gli investimenti fatti in spese per marchi e brevetti (3,1 per cento). ‘Quest’ultimo dato – fa notare la Confapi – fa riflettere sulle modeste dimensioni del ritorno economico che gli investimenti in ricerca e sviluppo possono avere per un’impresa di micro e piccole dimensioni’. Considerazione amara perché, senza nuove idee da trasformare in brevetti, sarà sempre più difficile per le Pmi umbre affrontare il mercato globale. Ma vera. Pmi: dai vecchi ‘distretti industriali’ ai nuovi poli di eccellenza hi-tech e di know-howL’Istat, utilizzando dati del 2001 sul censimento delle imprese, avrebbe individuato per l’Umbria cinque distretti industriali, pari al 3,2 per cento del totale dei distretti industriali italiani. Assisi e Umbertide per il tessile e l’abbigliamento, Todi per la meccanica, Città di Castello per la cartotecnica e Marsciano per i beni della casa. Distretti concepiti legati al territorio e, prevalentemente, al settore manifatturiero. Invece la proposta che viene oggi dalle Pmi supera ‘ giocoforza, a causa della globalizzazione dei mercati ‘ tale concetto di distretto industriale. Il futuro delle Pmi umbre è intravisto oggi nei poli di eccellenza industriale, ancora non istituiti, ma di cui Confapi ha iniziato a parlare con forza proprio all’inizio di questo mese. Anche la microimpresa umbra, finora impossibilitata ad investire in ricerca, sviluppo hi-tech, formazione del personale, tutela del know-how, potrebbe così trovare ‘ questa è la grande speranza – ciò che le necessita urgentemente in questa sorta di progettati ‘laboratori di condivisione’ di know-how e di alta tecnologia, grazie anche alla collaborazione delle istituzioni locali.

AUTORE: Paolo Giovannelli