Si rinnova l’obiettivo: due Province o due nuovi ambiti provinciali per l’Umbria. Il Consiglio delle Autonomie locali – chiamato ad esprimersi per effetto delle norme che obbligano a ridisegnare l’assetto delle Province secondo criteri demografici e di estensione territoriale – ha approvato un documento in questa direzione. Si vuole evitare che la Regione coincida con una sola Provincia (per la soppressione di quella di Terni), che avrebbe un Consiglio di 16 membri eletti fra i sindaci e i consiglieri comunali di tutta l’Umbria ed un Presidente chiamato, da solo, senza Giunta, a dirimere politiche di assetto del territorio, trasporti e viabilità, edilizia scolastica, tutela ambientale.
Per il Cal “il Governo ha prodotto invece una norma pasticciata che sta creando profondi conflitti nelle comunità locali e che non corrisponde affatto alla finalità di produrre buon governo. Si determinerebbe l’esclusione di interi territori regionali dalla rappresentanza, in primo luogo quelli demograficamente più deboli, difficoltà operative molto rilevanti, con una maggiore complessità amministrativa, tempi più lunghi, ed un palese conflitto di interessi”.
Nel documento approvato si sottolinea che “l’Umbria ha una specificità che ci può permettere di scongiurare l’esito della monoprovincia. L’Umbria è dotata delle caratteristiche demografiche e di estensione territoriale che consentono la presenza di due province, rispettando i parametri definiti dalla delibera del Consiglio dei Ministri del 20 luglio 2012. Ci si deve dotare di una nuova architettura istituzionale che garantisca un miglior funzionamento dell’apparato pubblico e la effettività delle politiche di coesione territoriale. L’articolazione territoriale a cui guardare, nelle costituzione delle due nuove Province dell’Umbria, è quella indicata dal recente disegno di legge regionale “Ordinamento del Servizio sanitario regionale” e va perseguita attraverso l’adozione delle procedure previste dall’art. 133 della Costituzione.
Si andrebbe così alla costituzione di due aree territoriali equilibrate per superficie e popolazione, dotate di una certa omogeneità sociale ed economica che consentirà di valorizzarne le specificità”. Però queste tematiche che, in un altro periodo sociale ed economico, avrebbero giustamente animato dibattiti, anche tra la popolazione, ora rischiano di passare in un secondo piano. E tutto appare un po’ lontano dalle reali esigenze delle persone. In realtà si sta cambiando l’articolazione istituzionale dei territori ma forse è troppo tardi.