Il punctum dolens della persona debole (il disabile, l’anziano, il rifugiato, il tossico,…) è il rischio di emarginazione che essa si porta dietro; di conseguenza nel rapportarsi ad essa il nemico da battere prima di ogni altro è proprio il pericolo che essa venga spinta ai margini della società.
La moderna civiltà umanistica ha fatto di questa lotta un dovere primario dell’uomo civile; don Serenthà, nell’aureo libretto che abbiamo citato, coglieva nel nostro tempo un consolante cambiamento di mentalità grazie al quale un po’ tutte le persone deboli, ma in particolare gli handicappati non vengono più tenuti isolati o addirittura nascosti; si tende, invece, a rendere ovvia e serena la loro presenza nei più diversi ambienti; ma aggiungeva: talvolta però questa accoglienza risulta purtroppo disturbata da un meccanismo psicologico, che tende a deformare il rapporto con l’handicappato.
La moderna civiltà umanistica non solo ha messo a fuoco questo dovere civico, ma l’ha anche articolato in tre verbi che, coniugati all’imperativo, devono guidare l’impegno del cittadino nei confronti delle persone deboli, integrandosi e illuminandosi l’un l’altro: accogliere, riabilitare, socializzare.
Siamo di fronte ad un vertice assoluto di civiltà. Abbiamo sempre detto che, da quando il Figlio di Dio è diventato uno di noi, tutta la storia tende ad unificarsi e ad assumere il volto unico della Storia sacra: tesi affascinante, ma non sempre facile da verificare; non però in questo caso: è strabiliante che, nel cuore di una società tutta protesa al dominio, anche nella forma più disumana, sia nato un programma del genere.
Ricordate la musica, dodecafonica ante litteram, che la Scuola di Francoforte suonava ai liberisti adusi ad ammantarsi di umanitarismo? “Voi – dicevano Adorno, Horkheimer & C a Lorsignori – vi riempite la bocca di parole come ‘progresso’, ‘pace sociale’, ‘collaborazione fra le classi’, ‘benessere per tutti’, mentre in testa avete una sola parola, che riassume tutto il vostro programma: dominio. Dominare la natura con i mezzi che la scienza offre, dominare la storia con gli strumenti che di volta in volta la politica suggerisce. Una parola che non ammette eccezioni. Una consegna ferrea, mai dichiarata, sempre rispettata e perseguita”
Ebbene, che in un simile contesto culturale di fondo sia fiorito un programma del genere cui abbiamo accennato ha del prodigioso. Tanto più se si pensa che il principe dei liberisti, Adamo Smith, proclamava che la solidarietà verso i deboli è un di più inutile, poiché il benessere dei deboli sarà sempre e soltanto la ricaduta del benessere dei padroni della ferriere. “Ricaduta”: basta pazientare che il vaso si riempia.
Un programma in tre verbi, da coniugare all’imperativo: un programma che la nostra fede cattolica accoglie in pieno, e al tempo stesso rilancia.
“Rilancia”. Secondo la civiltà evangelica dell’amore occorre che l’accoglienza diventi preferenza; occorre che la riabilitazione si inserisca nella logica del Risorto, che è la logica stessa della vita; occorre infine che la socializzazione acquisti tutta l’ampiezza e la profondità della Comunione dei santi.