Progetto ‘Ora d’aria’ per i detenuti di Maiano

Possibilità di utilizzare un alloggio cittadino

La titolarità dell’iniziativa è del Comune, realizzata in collaborazione con Arcisolidarietà ‘Ora d’Aria’ al carcere di Maiano di Spoleto: si chiama Pronto intervento detenuti (Pid) , il progetto e l’obiettivo è quello di offrire ad alcune categorie di detenuti in misura alternativa la possibilitàdi utilizzare un alloggio cittadino. Sono lontani i tempi della Rocca albornoziana (chiusa nel 1982), quando per portare da mangiare ai prigionieri si dovevano scendere negli umidi sotterranei. I detenuti che usufruiranno del vantaggio sono quelli in semilibertà e affidamento in prova, quelli che già lavorano all’esterno del carcere (articolo 21 dell’ordinamento penitenziario) e quelli in permesso premio. L’utilizzo è esteso anche alle famiglie dei detenuti che vengono a far visita da altre regioni (specie dal meridione d’Italia da cui proviene la stragrande maggioranza di chi si trova nel supercarcere di Maiano) e ai loro congiunti e che non hanno disponibilità economicanecessaria a garantirsi una sistemazione. Gli utenti sono persone che versano in condizioni di estrema difficoltà e privi di punti di riferimento sul territorio. In un appartamento di un popoloso quartiere sono stati già ospitati 20 nuclei familiari e 25 detenuti in permesso premio; da gennaio 2003 vi alloggiano 4 ragazzi in semilibertà e che lavorano fuori dalla struttura penitenziaria. La coordinatrice del Pid è Patrizia Costantini di Arcisolidarietà ‘Ora d’aria’: ‘el carcere è stato redatto un regolamento interno al carcere che prevede, tra le altre cose, anche come fare richiesta dell’alloggio. Anche gli altri coinquilini sono a conoscenza del progetto e grazie al lavoro fatto sulla comunità, anche tramite il parroco della zona tutti hanno dimostrato apertura ed accoglienza. A Spoleto tutto sta a meraviglia; altrove, come a Perugia, lo stesso esperimento si è invece incagliato contro le proteste di un comitato di inquilini costituitosi già in fase embrionale del progetto e fermamente intenzionati a non permettere la presenza di detenuti che godono comunque di misure alternative all’interno del loro stesso stabile’ Dietro gli alti muri bianchi del supercarcere parla il direttore, Ernesto Padovani, che è a Spoleto dal 1993: ‘C’è troppo carcere, a dispetto di strumenti di legge che ne vorrebbero di meno. Noi stessi violiamo le nostre stesse regole’.Poi Padovani continua: ‘Una struttura pensata per detenuti ‘ad alta pericolosità sociale’ (su 400, 110 sono sotto il regime 41 bis) come la nostra viene definita ‘di massima sicurezza’, ma a dispetto di tale biglietto da visita i detenuti di Spoleto sono corretti’ dice il direttore della Casa di reclusione. Si prova a dare rispetto e si riceve rispetto. Si offrono possibilità e si hanno positivi riscontri. Molto va anche ad un territorio particolarmente attento, il patrimonio ideale forte di questa regione è un vantaggio, è qualcosa che ci rassicura e costituisce una solida base su cui partire’.Oggi il supercarcere di Spoleto è dotato di una falegnameria e una tipografia, che lavorano con l’esterno. Gli enti locali offrono corsi di qualifica a molti detenuti privi di ogni diploma professionale; altri sono stati assunti, fuori, da cooperative di tipo B.

AUTORE: Nerica Eminovic