Processi lunghi, sì, ma per fare le cose per bene

di Pier Giorgio Lignani

Molti discutono di processo penale e di giustizia, ma spesso danno l’impressione di non sapere bene di cosa parlino. Avendo un’esperienza fatta sul campo per più di 50 anni, cercherò di dare qualche informazione utile; qualcosa che gli addetti ai lavori sanno ma la gente comune no.

Dunque, il sistema giudiziario italiano (penale e civile) è il più garantista del mondo. Non sto dicendo che produca meno errori di altri, magari ne produce di più. Però tutto quello che era umanamente pensabile a tavolino per prevenire gli errori, e per rimediarli una volta fatti, è stato pensato e scritto nella Costituzione e nei Codici.

Come l’obbligo del giudice di mettere per iscritto tutti i perché della sua decisione, spiegandone e giustificandone ogni passaggio. Il che – oltre a occupare il magistrato per un sacco di tempo – lo costringe a rifletterea fondo su quello che decide. All’obbligo della motivazione scritta si riconnette il diritto della parte di riaprire la causa davanti a un giudice superiore – e poi ancora più su – per ridiscutere tutto da capo.

Questo tipo di garanzie negli Stati Uniti, per dire, non ci sono. Lì la giuria condanna o assolve senza “motivazione”; la sentenza di condanna è immediatamente esecutiva e non esiste, come da noi, l’appello inteso come nuovo giudizio. Si può ricorrere solo per sostenere che il processo non si è svolto a norma di legge; ma i giudici superiori non sono tenuti ad esaminare il caso – lo fanno con il contagocce – , e intanto il condannato sconta la pena, perché la presunzione d’innocenza vale solo nel primo grado.

Ecco un esempio delle opportunità che altrove non ci sono, e che la nostra legge fornisce ai difensori per combattere la loro battaglia. Ma ogni iniziativa difensiva comporta un dispendio di tempo, e quindi un allungamento del processo. Ed è giusto; ma allora non si deve dare ai giudici la colpa se il processo dura a lungo. Poi c’è il fenomeno dell’abuso del processo, quando il difensore solleva una questione non perché ci creda, ma perché serve a guadagnare tempo. Il vissuto quotidiano dei tribunali è anche questo.