Tardo pomeriggio di domenica 21 maggio. Sto tifando per i Ceri mezzani. In televisione, ahimé! Per 20 anni, dal 1962 al 1982, ho preso il Cero grande, poi le gambe hanno cominciato a registrare gli anni che passavano. Sono un santantoniaro. Nativo di Scheggia, decisamente extra moenia per i tronfi eugubini Doc, non potendo vantare un decoroso pedegree familiare in materia di appartenenza al Cero; scelsi sant’Antonio solo da adulto, finiti gli studi teologici: mi inclinavano verso il Cero dei contadini e degli studenti la grana grossa della mia modesta caratura di intellettuale di provincia. E adesso sto tifando per sant’Antonio, che da poco si è lanciato in perfetta armonia con gli altri due giù per la Callata dei Neri; poi la telecamera l’ha perso, e adesso sta per sbucare in cima al Corso. Eccolo, sbuca’ oddìììooo: la manicchia che fuoriesce tutta sulla destra dice che il chioppo è stato rovinoso. E subito un pensiero mi prende alla gola: come si sentirà lui, adesso, in questo preciso momento? Lui è un ragazzo che ho conosciuto appena stamattina, per pochi secondi. Me lo vedo davanti: giovanissimo, con indosso la divisa da santantoniaro perfettamente stirata e con in faccia una preoccupazione indicibile. Mi si è presentato stamattina in sacrestia, al termine dell’ultima messa, e m’ha detto: ‘Padre, pregate per me’ Preghi per me”; poi, davanti alla mia faccia attonita, sottovoce, a testa bassa: ‘Devo prendere il Cero di Sant’Antonio sul Corso”. Cosa sta vivendo, in questo momento, sul Corso, quel ragazzo, di fronte al suo, al nostro sant’Antonio che avanza veloce con la manicchia oscenamente sporgente sulla destra.? A che altezza entra la sua muta? Da Mijiarini, o lì da Mauro, o lì le colonne, o a Santa Maria? Pochi attimi, e tutt’e tre i Ceri completano Corso Garibaldi, lindi, diritti, puliti. Evoè. Triumpe, triumpe, triumpe. È andata. Ma prima’ che botto!! Giampiero Bedini, telecronista che trasuda carità patria, ha parlato di un”incertezza’. Un botto è stato, amici miei, un botto coi fiocchi, altro che ‘incertezza’!! Un tonfo, a terra, tra la fontana e la porta di Sant’Agostino. Un tonfo-tonfo. Ma la muta del mio sconosciuto pupillo è andata bene, benissimo. Stamattina gli ho tracciato una croce in fronte, come il vescovo fa con i cresimandi. Avessi avuto una spada a portata di mano, l’avrei fatto inginocchiare e gli avrei assestato con la dovuta dolcezza i tre colpi rituali sulla spalla destra. Poi l’avrei baciato sulla guancia. Festa dei Ceri, amici miei: ‘festa’, non ‘corsa’. Il nocciolo serio delle feste serie non ha nulla di festaiolo. La feste serie sono un indice puntato, gioiosamente irridente, contro la nostra pretesa che nella vita bisogna per forza, sempre e comunque, sorpassare qualcuno.
Pregate per me
AUTORE:
Angelo M. Fanucci