Questa è la testimonianza rilasciataci dal vescovo diocesano mons. Domenico Sorrentino, dopo il suo ritorno dalla Tanzania, dove si era recato accompagnato da una delegazione della Caritas guidata dal presidente Giocondo Leonardi. Quale motivo l’ha indotta a recarsi personalmente a Kasumo, in Tanzania? ‘Giudico veramente encomiabile l’opera di solidarietà che la Caritas diocesana ha realizzato nella diocesi di Kigoma, grazie all’intuizione del mio predecessore mons. Goretti. Un’opera dalle diverse espressioni: la più impegnativa è stata la costruzione di due scuole, una di primo grado e una superiore. Mi premeva rendermi conto di persona per valutare le ulteriori prospettive di collaborazione’. Che tipo di accoglienza ha ricevuto, in particolare dagli abitanti? ‘Un’accoglienza festosa. In un contesto di povertà è stato emozionante toccare con mano – attraverso canti, colori e danze – il senso della gioia di vivere che l’anima africana sa esprimere’. Che necessità ha il polo scolastico, costruito soprattutto con il contributo finanziario della diocesi Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino? ‘La scuola superiore era stata progettata per un numero inferiore di alunni e di classi. Il successo della scuola ha attirato alunni anche da lontano e le classi sono state raddoppiate. Conseguenze: mancano ancora alcuni ambienti e due dormitori. Credo che sia bello da parte nostra completare l’opera’. Quali impressioni le ha suscitato la visita al campo profughi burundesi nei pressi di Kasulu? ‘Sono tragedie che colpiscono. Mi hanno salutato con una danza molto vivace e alla fine mi hanno lasciato una richiesta di aiuto. Il campo è organizzato con una certa razionalità, grazie anche all’aiuto dell’Onu. Non dovrebbe durare a lungo, se riesce la politica di pacificazione che si sta tentando. Il grande momento di preghiera che lì abbiamo avuto rappresenta un momento di speranza’. Il ‘Centro bambini di strada’ situato a Kigoma riesce a rispondere alle emergenze? ‘Tanti bambini e ragazzi sottratti alla strada, ma ancora con tutti i segni della povertà e dell’abbandono, fanno davvero impressione. Hanno bisogno di tutto. Gli animatori del Centro ci hanno fatto delle richieste: ma più di tutti parlavano gli occhi di quei ragazzi’. Non le pare assurdo trovare un ospedale ‘senza medici’ a Kabanga? ‘Assurdo, certo. Incomprensibile. La povertà ci interpella. Le suore infermiere che se ne occupano mi hanno chiesto di farmi voce delle loro necessità. Volesse il cielo che qualche giovane medico italiano si sentisse spinto a dare per qualche tempo la sua opera in quell’ospedale. La povertà non ha confini e neanche la carità’.
Povertà – e carità – senza confini
IL VESCOVO in Tanzania: servono ambienti scolastici e personale medico
AUTORE:
Francesco Frascarelli