di Daris Giancarlini
Desolante, deprimente, a tratti disgustoso: lo spettacolo che stanno dando i protagonisti dell’attuale scenario politico italiano oscilla costantemente tra la commedia e la farsa. Ma quello che rischiano il Paese e gli italiani è il dramma.
Per colpa di un personale politico – maggioranza o opposizione, non fa differenza che ha scambiato o svenduto il perseguimento dell’interesse collettivo con la ricerca spasmodica e incessante del consenso.
Chi per conseguire qualcosa d’altro dalla democrazia come l’abbiamo conosciuta fino a oggi (quanto fascino esercitala suggestione putiniana della ‘democrazia illiberale’…), chi per restare abbarbicato a un potere conquistato promettendo ciò che si sapeva già non avrebbe potuto mantenere, facendo così passare la vulgata di un ‘popolo bue’ che si può irridere e gabbare a piacimento, e a costo zero, avvolgendolo in una lattiginosa coltre di perenne propaganda.
L’anti-politica tanto di moda di questi tempi ci è stata spacciata come ‘cambiamento’… In realtà si sta rivelando soltanto uno stratagemma per mascherare la mancanza di capacità, o di volontà, di fare la politica, quella vera e seria, che ogni democrazia che si rispetti pretende si faccia. Per non snaturarne il profilo con pericolosi maquillage a uso e consumo del potente di turno.
Tornare alla seduta del Senato del caldo pomeriggio romano del 24 luglio scorso serve a riflettere sulla pochezza, ma anche sulla drammaticità, del passaggio epocale che la democrazia italiana sta attraversando. C’è un Presidente del Consiglio, l’autonominatosi ‘avvocato del popolo’ Giuseppe Conte, che decide di andare in aula (assente Salvini, quello che il premier intende difendere) per riferire su quanto palazzo Chigi (che tutto dovrebbe conoscere dell’attività dei vari ministri) è in grado di spiegare sulla vicenda dei presunti legami Lega-Russia.
Conte – che poi spiegherà poco o niente di più rispetto a quanto i giornali non avessero già pubblicato – entra in aula, comincia a parlare, e immediatamente i senatori cinquestelle si alzano e se ne vanno. E Conte era stato indicato come premier proprio dai grillini! I quali, su richiesta – angosciata – dello stesso Conte, spiegano diaver abbandonato l’aula “perché doveva essere il capo della Lega a venire in aula a dare spiegazioni”. Fosse anche così, sempre al ‘loro’ premier avrebbero fatto lo sgarbo.
Ma altri commentatori osservano che il gesto è diretto proprio a Conte per il suo ‘via libera’ alla Tav (una delle tante promesse, quella di stopparla, che i grillini sapevano benissimo di non poter mantenere, e che invece il pragmatismo del premier valuta come opera da realizzare).
Tutta la vicenda fornisce la misura della crisi profonda e della confusione che regna nel Movimento, con il suo co-fondatore Beppe Grillo che, dopo il sì all’Alta velocità ferroviaria, quasi ripudia le sue ‘creature’, e un Luigi Di Maio sempre più in difficoltà dopo le batoste elettorali che hanno dimezzato il consenso ai grillini, a tutto favore della Lega.
Il cui leader, vice premier e ministro dell’Interno, in quell’aula di palazzo Madama ha scelto di non andare proprio. Per dare invece la sua versione dei fatti, senza contraddittorio, in una diretta Facebook: scelta simbolica di quanto poco rientri nell’ottica salviniana la centralità del Parlamento, e di quanto invece sia fondamentale, per lui e per il suo potente apparato massmediatico, coltivare prima e sopra a tutto gli umori che gran parte del suo elettorato esprime in Rete, sollecitato e indirizzato dal ‘team’ dello stesso vice premier.
La seduta del 24 luglio poteva essere l’apoteosi per la principale forza di opposizione, il Pd. Che invece – dilaniato dalle mai sopite contrapposizioni interne – ha scelto, anche in questo caso, di farsi del male da solo. L’ex premier ed ex segretario del partito, Matteo Renzi, prima annuncia di voler parlare in aula sul ‘Russiagate’ e poi viene stoppato dalla segreteria Zingaretti, e allora sceglie anche lui – come Salvini – di affidare alla Rete il proprio intervento.
Nomi che girano e si contrappongono, carriere che ballano, poltrone che non si vogliono abbandonare: il mondo politico segue le sue logiche, mentre il Paese reale va per conto suo. Dove? Lo dovrebbe dire la politica. Ma di questi tempi non ce n’é traccia.
questi grillini si dimostrano assieme al loro avvocato conte, sempre più inopportuni, inconcludenti, non capaci a essere forza politica, se i pentastellati sonno cosa vuol dire politica e fare politica, sfregandosi degli italiani e essere ostinati ad occupare delle poltrone e ministeri che, anche il più ignorante di politica capisce che questi truffatori di non trasparenza e disonestà assoluta, non sono all’altezza e si dimostrano peggio della casta che loro dicono di combattere, che loro rappresentano molto bene