Poco da dire, molto da auspicare

Abatjour

In tema di revisione della forma del sacramento della Confessione ho poco da dire e molto da auspicare. Ho da dire che l’accusa personale mi mette in imbarazzo. Ricordo quando, prete novello, esigevo dai penitenti estrema chiarezza e congrui dettagli proprio nell’accusa dei peccati. Ricordo un amico che, nell’elencare i propri peccati, mi era sembrato, se non proprio reticente, certo molto’ generico; io insistetti, che fosse più preciso! E venne fuori che aveva più volte tradito la moglie e sottratto alle casse dello Stato somme ingenti. Lo umiliai. Era proprio necessario? A 47 anni di distanza ricordo ancora il suo volto dolente. Ma soprattutto non riuscivo a scordare quello che mi aveva detto in confessione; ogni volta che lo incontravo per strada: ‘Mmmm’ queste gatte morte di cattolici praticanti!’. Non lo dicevo, ma non potevo impedirmi di pensarlo.Ricordo una giovane sposa, che a 30 anni aveva già tra figli, e ‘ ‘Ci sto attenta!’. ‘In che senso?’. La terrorizzai, ricordandole addirittura che, se si rendeva conto che suo marito aveva intenzione di interrompere il coito, lei doveva resistergli come si fa con un ingiusto aggressore. ‘Così mi prende a sganassoni ” borbottò, lasciando il confessionale prima che potessi assolverla. E io a distanza di anni sento ancora, in presa diretta, l’amarezza infinita d quel commento. Molto, moltissimo ho da auspicare. In negativo auspico che si abbandoni per sempre la forma ‘giudiziaria’ che l’amministrazione del sacramento della Penitenza ha assunto con la Controriforma, quando è diventata ‘il tribunale della penitenza’: da quel momento – dice Fernando Armellini – a Dio è stato riservato il ruolo del funzionario che, alla fine del processo, mette il timbro al posto dovuto. In positivo, che si riesca a dare un contenuto vero al nome più recente di questo sacramento: Festa del Perdono. Ce ne vuole, di ottimismo pregiudiziale, per individuare gli elementi della festa in certe ‘celebrazioni comunitarie’ della Penitenza, mortalmente segnate dalla noia. Ma soprattutto mi auguro che trovi reale corrispondenza nella realtà l’augurio che il sacerdote fa al penitente che s’è appena inginocchiato: ‘Il Signore ti conceda une vera conoscenza dei tuoi peccati e SOPRATTUTTO DELLA SUA MISERICORDIA’ Il mio antico compagno di banco, Fortunato Baldelli, prossimo cardinale, è il Penitenziere maggiore di Santa Romana Chiesa. È un uomo di Dio. Ho concelebrato con lui di recente, per la festa della Madonna dell’Olmo, a Casacastalda. Sono arrivato un po’ in ritardo; lui pregava come perduto nel Mistero, e si è accorto di me dopo un buon quarto d’ora. E mi ha sorriso, naturalmente. Baldelli ha tutte le qualità per impostare e coordinare un discorso serio sul rinnovamento della Penitenza, per una Chiesa che cammini su sette gambe, e non su 6 e ‘?’. Glielo auguro di cuore.

AUTORE: a cura di Angelo M. Fanucci