Per la seconda volta in meno di quattro mesi mi trovo ricoverato in ospedale. Nel “nostro” bell’ospedale di Branca, lindo, razionale, ben servito, sul quale eugubini e gualdesi, dopo essersi maledetti per secoli, si sono trovati d’accordo. C’è già chi ne dice male, ma sbagliano. Il nerbo degli scontenti irriducibili è sicuramente costituito da coloro che non hanno accettato, o l’hanno fatto solo obtorto collo, che Gubbio e Gualdo abbiano fatto pace. E per dir male di quella scelta tirano fuori i pretesti più pretesti. Era il tempo di Davide e Salomone, pressapoco. Dall’Arce Frisia, alle pendici del monte Foce, all’inizio della gola del Bottaccione, i sacerdoti Atiedii pregavano Giove Grabovio per la città, spostandosi con lo sguardo da un gruppo di edifici all’altro, con un tale precisione che Augusto Ancillotti e Romolo Cerri, nel loro splendido volume Le Tavole eugubine e la civiltà degli umbri, basandosi sullo spostamento di quello sguardo, hanno addirittura tracciato un cartina topografica della Gubbio umbra. Ma giù in fondo, rimaneva come una macchia nera, innominata e maledetta, bofonchiano tra i denti: era essa, la città antagonista, Gualdo. Per secoli. Ma io oggi, coerede di tanta inutile guerra (ma è mai esistita una guerra utile e giusta?), tra un pappagallo e un catetere, mi godo la mia piccola nemesi storica, familiarizzando con medici infermieri (infermiere), portantini gualdesi. Ma una seconda nemesi storica, piccola anch’essa, e stavolta contro di me, in questo mio secondo ricovero si è sovrapposta alla prima: sono in ospedale perché il mio sbilenco modo di camminare tende a sbilanciarmi a destra. A destra. Me ne sono accorto anche io quando, il pomeriggio di domenica 4 settembre, festa patronale di san Marco, a fianco di don Menotti e rispondendo col fiatone alle bellissime litanie da lui indirizzate alla Madre della Misericordia e della Pieve, in preda alla commozione ho voluto farmi tutta quanta la processione.Scivolare a destra. Ho lottato una vita contro chi mi definiva “un prete di sinistra” (ma in realtà non mi dispiaceva poi più di tanto), e adesso…!Oggi scivolare a destra vuol dire finire in braccio a Scilipoti. E con lui annegare nel Porcellum, un porcelllum che più porcellum non si non si può, nemmeno con il nerofumo. Se proprio dobbiamo annegare, che sia a Mergellina, o alle isole Tremiti, o a Punta Ala, non nel lavellone dove, ai bei tempi, facevamo il bagno la domenica mattina presto, uno dopo l’altro, tutti i membri della famiglia.
Piccole nemesi storiche
AUTORE:
a cura di Angelo M. Fanucci