Perugia calcio. Lettera al presidente Santopadre

Caro presidente Santopadre,
ho seguito la sua accalorata partecipazione alla trasmissione televisiva “Fuori campo” e devo dire che per certi versi ho apprezzato, da tifoso che sono, il suo sfogo deciso contro il chiacchiericcio da massaie svogliate che si respira in città. La sua esperienza perugina, soprattutto quella ai vertici societari, è appena iniziata ma per noi che viviamo le vicende calcistiche di questa squadra da tanti anni certe situazioni non sono una novità.
Solo i distratti e i tifosi occasionali non si rendono conto di quello che succede intorno a Pian di Massiano e fissare qualche paletto credo sia quantomeno opportuno.
Quello che non sono riuscito a comprendere è il “timing” di questo intervento. Veniamo da una serie di episodi controversi, alcuni causati da situazioni esterne come l’arbitro a Latina, altri dovuti a grossolani errori. Non parlo solo di qualche spericolato intervento difensivo o di qualche impostazione tattica confusa, ma soprattutto di un clima di sfiducia da un lato e di alibi dall’altro che si è impossessato dell’ambiente Perugia.
Di solito non mi cimento nell’esercizio del pettegolezzo ma è ormai palese che le problematiche tecniche non sono figlie solo di errori di valutazione ma anche e soprattutto di qualche tassello che, all’interno dello spogliatoio, non è più al suo posto. Il compito di un presidente è quello di decidere  e il cambio dello staff tecnico è una decisione forte ma che va perseguita e sostenuta successivamente.
Ieri sera invece ho percepito in quell’intervento vigoroso  un cambio di direzione come a voler far capire che i problemi principali non sono all’interno ma all’esterno. Forse è stata soltanto una impressione ma si è avvertita la volontà di proteggere la squadra dopo un altro episodio sconcertante. Credo che però l’effetto che ne è venuto fuori sia molto pericoloso perché da un lato si fa scricchiolare la scelta della settimana precedente ipotizzando che il grosso dei problemi sia fuori dal rettangolo verde, dall’altro si da un altro alibi alla squadra deresponsabilizzando chi va effettivamente in campo dal profondere nuovo impegno e dall’accantonare personalismi controproducenti.
Sono certo che ciò che muove l’animo di un presidente molto più tifoso che manager a volte vada al di la delle intenzioni e magari la percezione di una volontà non corrisponde alla realtà dei fatti. Uno sfogo non è mai calcolato e nella spontaneità emerge la passione. Stia certo che questo non passerà inosservato ai tifosi, soprattutto ai tifosi del Perugia che hanno visto passare negli anni personaggi compassati ed evanescenti anche se si autodefinivano uomini di curva.
Come ha detto lei l’unità di intenti è il mezzo per raggiungere l’obiettivo finale ma nello sport, come nella vita, ognuno deve prendersi le sue responsabilità senza sentirsi sempre assolto. Viviamo in un’epoca in cui anche i peccati mortali vengono fatti passare per peccati veniali.
Quello che le chiedono i tifosi è di far capire a tutti, ma proprio a tutti, che il bene del Grifo viene prima di tutto, prima degli integralismi tattici, prima delle aspirazioni personali e prima delle posizioni privilegiate che qualcuno sente di aver maturato.
Riportare il timone su questa rotta è il suo arduo compito presidente, in bocca al lupo!

AUTORE: Andrea Franceschini (Tifoso)