Per un’economia socialmente responsabile

Incontro su 'Economia e persona'. Zamagni: l'Occidente ancora non sa redistribuire ricchezza. Grasselli: la politica è assente. Becchetti: 'Il successo viene dalle motivazioni, come nel volon

‘È possibile trovare un punto di equilibrio tra la ricerca del bene comune e l’interesse individuale?’. Una domanda posta dall’economista Stefano Zamagni dell’Università degli studi di Bologna al centro dell’incontro di studio ‘Economia e Persona’, svoltosi venerdì scorso all’aula magna dell’Università degli studi di Perugia. Zamagni ha richiamato l’attenzione sulla crisi d’identità di un’economia globale sempre meno rispettosa della vita dell’uomo. ‘L’economia rischia di diventare una scienza inutile e sempre più sofisticata. E pure incapace di far fronte ad un mondo globalizzato in cerca di risposte nuove e immediate, mentre le società occidentali sono diventate macchine tanto potenti nel creare ricchezza quanto immobili nel redistribuirla’. Zamagni si muove da anni sul filone delle teorie di economia civile – sviluppate a partire dal ‘700 da economisti italiani e scozzesi – che, in parte, contrastano con la teoria economica classica. Alle parole di Zamagni ha fatto eco Pierluigi Maria Grasselli dell’Università perugina: ‘L’individualismo liberista ed utilitarista permea di sé, nel mondo globalizzato, le principali sfere della vita individuale e associata: economia, cultura e politica’. E grande assente, nell’azione regolatrice delle derive del mercato globalizzato contro il benessere dell’uomo, è proprio la politica, più volte invocata dagli economisti presenti all’incontro di studio di Perugia; in Europa e nel mondo, tale vuoto di regole è impressionante: basti osservare le facili delocalizzazioni tacitamente concesse alle aziende multinazionali a discapito degli interessi primari dei lavoratori. Ma che fare se l’economia rischia di diventare una scienza inutile? E come ‘liberarsi’ dall’individualismo liberista e dagli eccessi neoliberisti? A concentrarsi sul ruolo della responsabilità sociale dei cittadini e delle imprese per una felicità economicamente sostenibile è stato Leonardo Becchetti dell’Università degli studi ‘Tor Vergata’ di Roma: ‘La responsabilità sociale è una ‘moda’ importante, che va sostenuta e verificata, impresa per impresa. Oggi, sul medio periodo’, ha continuato Becchetti, ‘l’impresa è sostenibile solo se è socialmente responsabile. A tal fine, servono quattro elementi: il favore del consumatore alle politiche e, quindi, ai prodotti dell’impresa, la riduzione del rischio sociale (al punto che, fra i rischi, gli imprenditori calcolano anche quello ‘etico’; è evidente che chi fabbrica armi o pellicce deve preventivare un rischio sociale elevato, ndr), la reputazione sociale e – soprattutto – le motivazioni intrinseche ai dipendenti’. Sotto questo profilo, il volontariato ha già sconfitto l’homo oeconomicus, in quanto si è affermato come modello motivazionale per i dipendenti di qualsiasi vera azienda. ‘Le imprese di successo – ha proseguito Becchetti – sono quelle che lavorano sulle motivazioni intrinseche dei propri lavoratori, che li fanno vivere come una squadra tesa verso un obiettivo unico che porta benefici al gruppo, ai lavoratori e alla società’. Becchetti ha poi ricordato il successo di quelli che, un tempo, sembravano solo degli esperimenti da apprendisti stregoni e da anime candide dell’economia: ‘La microfinanza sostiene, attualmente, le sorti di 67 milioni di persone, e nel suo mercato sono già coinvolti colossi bancari quali City Bank, Abn Amro Bank e Deutsche Bank. Quanto alla finanza etica, ossia i fondi di investimento socialmente responsabili, negli Stati Uniti un dollaro su 8 è controllato proprio da chi gestisce i soldi dei risparmiatori, ispirandosi a quei principi che la stessa società considera importanti per il proprio benessere’.

AUTORE: Paolo Giovannelli