Il periodo liturgico appena trascorso costituisce la migliore premessa per affrontare bene l’anno nuovo. Paolo VI tempo indietro parlando all’Onu definì la Chiesa “esperta in umanità”. L’espressione allora mi apparve un po’ ardita. Il Papa invece non faceva altro che esprimere la ricchezza dell’Incarnazione, che ha donato la stessa dignità a tutti gli uomini della terra. Noi infatti non onoriamo un Dio che si è limitato a dettare le sue norme, ma un Dio vicino che si è fatto uomo, che ha sperimentato tutta la varietà delle situazioni umane: la sofferenza e la gioia, la vita e la morte, perfino la fuga e l’esilio. Pertanto scoprire Dio che si è manifestato in Cristo è anche scoprire l’uomo, è almeno un saper scorgere l’impronta divina nel volto velato del fratello. Nell’umanità fatta propria dal Figlio di Dio, nessuno è estraneo: “Non sei più schiavo, e quindi sei erede” (Gal 4,7). Tra la gente c’è oggi un diffuso desiderio di novità e di cambiamento. Questa attesa non può essere ignorata. La stessa preoccupante crisi economica e la disoccupazione non potranno essere risolte dai pur doverosi interventi delle pubbliche istituzioni, se non saranno accompagnate da un forte recupero di valori etici e sociali. È ciò che la Chiesa ha cercato di indicare nell’importante convegno romano su “Dio oggi: con Lui o senza di Lui tutto cambia”. Infatti senza Dio, o meglio senza Cristo, vero Dio e vero uomo, l’uomo finisce con l’adorare altri idoli: il denaro, il successo, il piacere, spalancando le porte al già diffuso individualismo e permissivismo. Partendo da questa premessa spero che l’anno nuovo ci aiuti a risolvere almeno questi problemi. A forza di buttare fuoco nel braciere è inesorabile che prima o poi nasca l’incendio. Occorre che il doveroso confronto politico disinneschi quella conflittualità permanente che genera odio e che fa guardare all’avversario come a un nemico da eliminare e da distruggere. Auspico che la breve pausa di riflessione, emersa in questi giorni, non sia simile a una nuvola leggera e passeggera. Ogni giorno le tv ci riempiono di messaggi effimeri e banali. Perfino in programmi apparentemente innocui vengono inculcati veleni sottili e maliziosi. Il male è raccontato e ripetuto con dovizia di particolari scabrosi, come se si volesse rendere normale ciò che è invece orribilmente deprimente. Continua a imperversare un laicismo arcaico e astioso, ben lontano dalla sana laicità dello Stato. In qualche luogo si è avuto paura del crocifisso e si è voluto celebrare il Natale senza il presepe, dimenticando la vera ragione della festa e della gioia. È incredibile che si pensi di riempire il vuoto eliminando le radici primarie della nostra cultura e della nostra civiltà. Si dice e si ripete che la famiglia è la cellula primaria della società, ma nel frattempo si vuole che la pillola Ru486 sia libera, garantita e gratuita e si esalta la cosiddetta famiglia allargata, dimenticando la fragilità e la confusione su cui si fondano queste nuove forme di vita in comune. Quando la famiglia è in crisi, in qualche modo tutta la società è sofferente e ferita. Il grande raduno di Copenaghen sul clima si è concluso in un nulla di fatto. Intanto il deserto avanza, i disperati fuggono dai loro aridi territori, i ghiacci si sciolgono, l’aria, l’acqua e la terra sono sempre più inquinati. Purtroppo non c’è più tempo da perdere. Il creato, casa di tutti e opera stupenda di Dio, non può che ribellarsi di fronte all’uso scellerato che ne viene fatto, i danni sono già gravi oggi e diventeranno drammatici in futuro. Vittorino Andreoli ha concluso la sua preziosa riflessione sul clero parlando dei “preti-nessuno”, cioè di quei sacerdoti che in silenzio, nei luoghi più sperduti, si spendono per il Signore e per i fratelli. Per fortuna esistono tanti altri “nessuno”, cioè persone che con fatica compiono il loro quotidiano dovere e sono capaci di spendersi generosamente per gli altri. Queste persone sono il tesoro nascosto della società e della Chiesa, ed è su di loro che si fonda in particolare la speranza per un futuro migliore.
Per un vero umanesimo
Parola di vescovo
AUTORE:
† Sergio Goretti