Domenica 22 luglio sono tornato ai miei luoghi d’infanzia, sull’Appennino tosco-romagnolo, per commemorare il 68° anniversario della strage nazi-fascista subita dalla comunità di Crespino e Fantino: due piccole località nel Comune di Marradi, il mio paese di nascita. Ogni anno, da città vicine e da località lontane gli emigrati di quelle piccole frazioni ritornano a Crespino per ritrovarsi con i pochi familiari rimasti e per ricongiungersi spiritualmente con i 44 martiri per la libertà che riposano nella pace di Dio. “In questo lembo di terra toscana, dopo una scorribanda armata partigiana, il 17 luglio 1944 si scatena improvvisamente la furia bestiale delle SS. Prima cadono nei campi coloni isolati, intenti alle culture agricole, poi un rastrellamento in paese. Una quarantina di persone viene condotta sulle rive del Lamone. Ai miseri, atterriti, viene ordinato di scavare una grande fossa; tutt’intorno si piazzano soldati nazisti con i mitra puntati. Interviene don Fortunato Trioschi, vecchio parroco di Crespino. Attonito e tremolante, si avvicina all’ufficiale nazista, lo supplica ad avere pietà, giura su quanto ha di più sacro che i suoi parrocchiani sono innocenti, offre la sua vita perché quella dei quaranta condannati sia salva. L’ufficiale, dalla grinta feroce, gli volge uno sguardo sprezzante, poi con un gesto gli ordina di aggiungersi al gruppo dei condannati. Don Trioschi conforta i suoi parrocchiani e li invita ad unirsi a lui nella preghiera. Gli aguzzini aprono il fuoco, i quaranta crespinesi ed il loro parroco cadono irrorando con il loro sangue questa nostra terra. Ma anche il Lamone si tinge di sangue e le lente acque del torrente cullano quella linfa preziosa alla luce del sole calante. Per gli uccisori si approssimano le tenebre, per i martiri la gloria!” (Dal bollettino mensile di Crespino pubblicato nel marzo 1946). Ho voluto domenica 22 luglio additare alle giovani generazioni il loro sacrificio con l’auspicio che esse sappiano raccogliere il monito solenne che emana da questi orrori, dalle tante lapidi e cripte, dai sacrari di Crespino, Civitella della Chiana, Marzabotto… Nella certezza che, su questa sponda del Lamone e nei mille altri luoghi sacri del martirologio italiano, sempre i giovani continuino a riunirsi riverenti e grati a coloro che, con tanto sacrificio, hanno testimoniato i valori della fede cristiana, della giustizia e della democrazia. Capitava spesso che nelle comunità cristiane dei primi tre secoli, quando i fedeli si radunavano, si leggessero, accanto alla Parola di Dio, gli Acta martyrum: il racconto della testimonianza del loro martirio. È quanto ho cercato di fare fra i miei compaesani domenica 22 a Crespino. Mi sono poi chiesto: qual è il messaggio che viene da questi morti? Bisogna dire un “no” assoluto alla guerra. Dopo l’esperienza dell’ultima grande guerra mondiale, qualcuno diceva: “Ora gli uomini hanno imparato!”. Non hanno imparato… Quante piccole e grandi guerre da allora hanno insanguinato e continuano ad insanguinare la terra! Uomini falciati dal mitra, donne violentate sistematicamente, bambini trucidati a decine, a centinaia: corpi inanimati, sfigurati, accatastati l’uno sopra l’altro, gettati in fosse comuni, abbandonati alle acque. Diciamo “no” alla guerra, alle violenze, alle stragi! Da Abele innocente, fino alle vittime dei nostri giorni, la voce del sangue dei nostri fratelli grida a Dio dalla terra che ne è rimasta bagnata. La nostra terra non dà più frutti di pace, e l’uomo è ramingo e fuggiasco nel cuore. Diciamo un “no” deciso al commercio di armi. I Vescovi africani al termine del loro Sinodo hanno affermato: “I nostri fratelli neri si uccidono gli uni gli altri con le armi che ci avete venduto voi europei”. Anche l’Italia ha venduto e vende armi. Quando finalmente le autorità controlleranno minuziosamente la produzione e la vendita di armi? Ma certo non basta proclamare dei principi, occorre costruire la pace nella tessitura semplice e ordinaria di tutti i giorni, con le persone che ti vivono accanto, con quelle con cui lavori gomito a gomito, con quelle che tu incontri anche casualmente. Il manto della pace, che copre tutta l’umanità, si costruisce con le grandi scelte e le piccole scelte, con la collaborazione di quelli che hanno autorità e responsabilità e di quelli che vivono semplicemente in mezzo agli altri. C’è bisogno di tutti. Deve crescere fra tutti l’incontro, il dialogo, la comunione. “Padre Santo, concedi che la ricerca sincera della pace estingua le contese, l’amore vinca l’odio, la vendetta sia disarmata dal perdono”!
Per non dimenticare…
AUTORE:
Gualtiero Bassetti, Arcivescovo di Perugia - Città della Pieve