Benedetto XVI a giugno andrà ad Assisi, la cittadina umbra famosa in tutto il mondo per la presenza soprattutto di san Francesco, oggetto di interesse lungo i secoli da parte di Papi e vescovi, frati e semplici fedeli, pittori e letterati, registi e compositori, cristiani di diverse confessioni, ma anche uomini di altre religioni e semplici ammiratori. Tale ammirazione simultaneamente è l’esito ed ha generato diverse interpretazioni della vicenda di Francesco d’Assisi. Queste esposizioni, o per dirla con termine tecnico ‘ermeneutiche’, hanno avuto origine immediatamente, da quando il figlio del ricco mercante Pietro di Bernardone si spogliò davanti a suo padre e scelse un’altra modalità di vivere: chi lo ritenne un pazzo e chi un santo. Subito dopo la sua morte, tali letture si moltiplicarono con esiti diametralmente opposti: chi lo indicava come un eretico da seguire nella contestazione della Chiesa, e chi invece uno strumento del potere pontificio, tanto da vedere nella basilica a lui dedicata ad Assisi il baluardo papale contro l’imperatore Federico II. Colui che si trovò davanti a tutte queste divergenze, comprendendo i problemi che generavano, fu Bonaventura da Bagnoreggio, il quale scrisse da ministro generale dell’Ordine dei frati minori una Vita del beato Francesco (conosciuta come Legenda maior) in cui lesse la vicenda di san Francesco in chiave prettamente cristologica ed ecclesiologica, ponendo come centro di tutto Gesù crocifisso che gli parlò nella piccola chiesa di San Damiano, invitandolo a prendersi cura della Chiesa in rovina, e che a La Verna gli fece dono delle sue stigmate. Ora, Benedetto XVI nei mesi scorsi ha ripetutamente parlato di san Francesco, richiamando l’importanza di evitare abusi e tradimenti del suo messaggio, ma soprattutto mettendo in evidenza che proprio il colloquio con il Crocifisso di San Damiano è il centro della sua conversione. In questo si nota una perfetta assonanza con quanto affermato da san Bonaventura nella vita dedicata al Santo di Assisi. Ciò non stupisce, se si tiene conto che Joseph Ratzinger ha fatto la sua tesi di dottorato per l’abilitazione all’insegnamento ‘ discussa nel 1957, esattamente cinquant’anni fa ‘ proprio su san Bonaventura, e più precisamente sulla sua teologia della storia. Considerando quanto scrisse nel suo studio inerente san Bonaventura da Bagnoregio, con il commento fatto da Congar, e tenendo conto che oggi Ratzinger è Papa Benedetto XVI, è più che legittima la domanda se e in quale modo tale aspetto francescano sia caratterizzante nella sua concezione ed esercizio del papato. Leggendo quanto scrive un attento osservatore del pensiero e magistero di Benedetto XVI come il vaticanista Sandro Magister ‘ in un articolo dal titolo Benedetto XVI si è fatto francescano ‘ l’ipotesi di una risposta affermativa si rafforza, naturalmente con la specificazione che si tratta della visione teologica francescana di san Bonaventura da Bagnoregio. Preso atto di tutto ciò non stupisce, anzi diventa pienamente comprensibile, che secondo Benedetto XVI per comprendere il ministero petrino occorra tornare a san Francesco. Per Papa Ratzinger, allora, tornare ad Assisi significa non solo richiamare il centro della vicenda di san Francesco, ossia la conversione al Vangelo, ma anche comprendere maggiormente il ministero petrino a cui ora è chiamato.
Per capire Pietro ci vuole Francesco
Il Papa ad Assisi viene anche a onorare il Santo che ha un valore fondamentale nella sua vita
AUTORE:
Padre Pietro Messa ofm