Il racconto che leggiamo oggi nel libro degli Atti inizia così: “Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste, si trovavano tutti nello stesso luogo” (At 2,1). Quel giorno non si è concluso, sta ancora compiendosi nella storia della Chiesa di tutti i tempi. Lo Spirito è venuto e viene ogni volta che un nuovo credente nasce alla fede con il battesimo, ogni volta che il vescovo impone le mani a un cresimando, ogni volta che lo invochiamo sul pane e sul vino per trasformarli in corpo e sangue di Cristo nella mensa eucaristica. La sua venuta non fa più tremare le nostre chiese, non accende più fiammelle sul nostro capo, non ci fa più parlare lingue straniere, ma è ugualmente vera e concreta. È un’irruzione silenziosa come quella dell’acqua che scende calma dal cielo a fecondare la terra. L’acqua è incolore e insapore, ma veste di colori il mondo e ci avvolge di odori e di sapori; è liquida e sfuggevole, ma produce frutti sodi e gustosi. Senza acqua tutto morirebbe, senza lo Spirito non esisterebbe vita spirituale sulla faccia del mondo.
Nella sequenza che oggi cantiamo, gli diciamo con entusiasmo: “Senza la tua forza nulla è nell’uomo, nulla senza colpa. Lava ciò che è sordido, bagna ciò che è arido, sana ciò che sanguina. Piega ciò che è rigido, scalda ciò che è gelido, drizza ciò che è storto”. Viviamo tutti alla luce dello Spirito, anche se non ne siamo consapevoli, quando troviamo in noi un briciolo di bene, perché “frutto dello Spirito è amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé”. Lo diceva Paolo ai cristiani della Galazia, nella seconda lettura che abbiamo ascoltato. Il brano del Vangelo che oggi leggiamo è preso dallo scritto di Giovanni, che parla più degli altri evangelisti dello Spirito donato da Gesù alla sua Chiesa e ne descrive le manifestazioni. Gli insegnamenti sullo Spirito santo si infittiscono nei discorsi dell’ultima cena, dove Gesù parla di lui per ben cinque volte. È come una lezione sbriciolata che affiora qua e là nella lunga conversazione di addio tenuta da Gesù nell’ultima notte della sua vita. Egli lo presenta come “il Paràclito”.
Il termine viene dal greco; etimologicamente significa “colui che è vicino”, e assume un contenuto molto ampio di compagno di vita, assistente, amico, protettore, maestro, avvocato difensore, consolatore. Nel primo detto (Gv 14,16-18) lo Spirito è presentato come un dono del Padre, destinato a prendere il posto di Gesù dopo la sua partenza. Egli starà con in discepoli e dimorerà addirittura dentro di loro. Sarà loro compagno di vita, protettore e consolatore, in comunione intima con ciascuno. Insomma, sarà un altro Gesù a misura personale di ogni credente. Il secondo detto (14,26) descrive lo Spirito santo come maestro interiore che insegna e rammenta le parole di Cristo. Si tratta di un’opera di approfondimento e di spiegazione della verità annunciate già da Gesù. Il terzo detto (15,26-27) insieme con il quinto (16,12-15) sono proposti oggi dalla liturgia festiva che celebriamo. Li riprenderemo più in dettaglio qui sotto; intanto possiamo dire che lo Spirito darà ai credenti la forza di testimoniare Gesù davanti al mondo ostile, e all’interno della comunità. Sarà una guida competente ed efficace per ricordare le parole di Gesù e capire gli eventi della vita, presenti e futuri. Il quarto detto (16,8-11) descrive la funzione di avvocato difensore che avrà lo Spirito contro l’ostilità del mondo, nella difesa di Gesù e nella contestazione del peccato e dell’ingiustizia.
Insomma lo Spirito santo sarà il Dio con noi e in noi, in continuità con Gesù, che pur salendo in cielo resta pur sempre dentro la sua Chiesa per confermare e rafforzare la fede dei credenti in lui. Oggi ci vengono offerti due di quei detti (il terzo e il quinto) fusi insieme. Sono particolarmente significativi, perché riassumono e sviluppano quelli precedenti. Innanzi tutto ci descrivono la doppia provenienza dello Spirito, dal Padre e da Gesù, con queste parole che azzerano le polemiche tra ortodossi e cattolici sulla questione del Filioque: “Verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre”. Nel primo Concilio di Costantinopoli nel 381 fu composto il Credo che noi recitiamo nella messa festiva, dove si dice: “Credo nello Spirito santo che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio (appunto: Filioque)”. In quel Concilio si discusse molto su questa frase, fino ad accapigliarsi, perché gli orientali non volevano ammettere che lo Spirito venisse dal Padre e dal Figlio, ma solo dal Padre. I cattolici invece vollero precisare che lo Spirito viene dal Padre e dal Figlio. Il fatto provocò, insieme ad altri problemi, la divisione che dura ancora tra ortodossi e cattolici. Nel dialogo ecumenico, la questione è ormai superata da un maggiore approfondimento dei testi evangelici.
Si può già capire da questo particolare il senso della parole di Gesù: “Lo Spirito della verità vi guiderà a tutta la verità”. La rivelazione evangelica non si è conclusa con l’ascensione di Gesù in cielo. Non è un oggetto da museo da contemplare in una bacheca così come ce l’hanno tramandata, è una realtà viva che continua a svilupparsi e a crescere come l’organismo di ogni persona che passa dalla giovinezza alla maturità. Sono i bambini di una volta coloro che diventano adulti; cambia l’età e la condizione, ma restano sempre le stesse persone, non cambiano natura. Questa è la legge dello sviluppo organico, e questa è la legge dello sviluppo delle verità cristiane. Esse si sviluppano, si consolidano, si approfondiscono, si chiariscono, ma nel loro contenuto essenziale restano inalterate come Gesù e gli apostoli ce le hanno consegnate.
Come in ogni crescita organica, non è cambiata la loro natura con l’aggiunta di verità del tutto nuove, ma si è prodotto lo sviluppo e il rafforzamento di quelle che già esistevano alle origini. Questo è in buona sostanza ciò che afferma oggi Gesù descrivendo il magistero dello Spirito di verità, presentandolo come suo portavoce, continuatore della sua opera di evangelizzazione: “Egli darà testimonianza di me; e anche voi mi darete testimonianza, perché siete stati con me fin dal principio. Vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito. Prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà”. Ciò che di nuovo e di specifico avrà lo Spirito è la sua funzione profetica riguardante il futuro della Chiesa:”Vi annuncerà le cose future”, dice Gesù. Infatti ha suscitato profeti in ogni epoca della storia, cioè coloro che hanno preceduto i tempi e hanno segnato il corso nuovo della Chiesa; coloro che hanno saputo leggere i segni dei tempi e indicarli con chiarezza e coraggio. Per questo il fuoco di Pentecoste non si è mai spento tra noi. Tutti siamo chiamati ad alimentarlo e trarne luce e calore.