In queste ultime settimane folle di fedeli, con in prima fila le autorità civili e militari, si sono raccolte in due cattedrali, una in Umbria e una in Toscana, per assistere ad un rito particolarmente suggestivo: il passaggio del Pastorale dalle mani di un vescovo a quelle di un altro. Questo gesto, carico di fascino e di emozione, sta ad indicare, in una diocesi, l’avvicendarsi dei Pastori. Il Pastorale è il simbolo non del potere, come si diceva con una certa enfasi una volta e in contesti storici diversi, ma del servizio di guida di un popolo chiamato a camminare sulle orme di Gesù buon pastore. Il bàcolo o bastone, segno distintivo di guida per il custode del gregge, nel Pastorale è sormontato da un fregio a forma di ricciolo, che è simbolo della prerogativa giurisdizionale del vescovo, ma anche, in senso figurato, mezzo che si sostituisce al pungolo per richiamare e quasi cingere con un abbraccio chi si allontana dal retto sentiero. Il momento solenne della consegna del segno l’abbiamo vissuto nella cattedrale di Arezzo, poi, il 4 ottobre, in quella di Perugia, e domenica 11 ottobre ci ha visto ancora partecipi in quella di Spoleto. Mani tremanti si tendono verso questo simbolo, mani che tradiscono le emozioni e le trepidazioni che il Pastore prova nella consapevolezza di essere chiamato a guidare con coraggio e saggezza il gregge che il Pastore vero, Gesù, gli affida. Mani tremanti perché sono mani d’uomo, che portano con sé il peso della fragilità, drammatica caratteristica di ogni creatura umana. Il servizio chiesto ad ogni vescovo è estremamente impegnativo, in modo particolare oggi, in una società tanto complessa quanto segnata da contraddizioni di ogni genere. Per questo l’azione del vescovo non può prescindere dall’effusione dello Spirito, capace di rivestire di una potenza che viene dall’alto (Lc 24, 47). Per invocare questo dono soprannaturale che venga a sostenerlo nella sua missione, il vescovo ha bisogno della preghiera della comunità cristiana. Egli sente la responsabilità di dover corrispondere alle esigenze dello Spirito con le sue forze umane, che non sono più quelle della giovinezza e che rendono faticoso il compito di intessere relazioni nuove in una realtà nuova, che non immediatamente può ammortizzare il sentimento di nostalgia dovuto al distacco da quella ben conosciuta, amata e curata con tanta dedizione. Ogni vescovo è l’ultimo anello di una catena che inizia da Gesù e dal collegio degli apostoli e che si distende nel tempo come a volersi allacciare all’eternità. Del resto è Gesù l’alfa e l’omega di un progetto di vita che i Pastori perseguono guidando il loro gregge, e non da mercenari, ma da pastori veri che danno la loro vita per difendere le creature loro affidate e si affannano perché non siano disperse e distolte dal loro cammino verso il regno dei cieli.
Passaggio del Pastorale
Parola di vescovo
AUTORE:
Mario Ceccobelli