Tutti figli di Dio, tutti fratelli in Cristo, tutti titolari della stessa dignità di persone. Tutti.Parole come palloncini. Le parole o sono pietre che costruiscono un mondo che sia davvero la casa di tutti, o sono palloncini. Splendide parole: figli, fratelli, persone; ma troppe volte esse risultano incredibili nei nostri contesti culturali. Palloncini, basta iniettare dentro un po’ di elio, e prendono a vibrare gioiosamente nell’aria; basta una puntura di spillo e si sgonfiano. Azzardo una domanda sempliciotta: se prima di nascere ti chiedessero se preferisci nascere figlio di Dio o figlio di uno di quei signori…? Uno di quelli che hanno la Ferrari parcheggiata sotto casa, e passano l’inverno alle Seychelles e l’estate a Saint Moritz, ogni cinque settimane danno un’occhiata stanca ai talleri che hanno depositato qua e là per il mondo, e con la lieve pressione dell’indice guadagnano in una frazione di secondo quanto 100 metalmeccanici guadagnerebbero in 100 vite…La domanda è talmente sempliciotta che mi vergogno di averla formulata. Ma la lascio lì, perché confesso che entro cinque minuti sarei tentato di formularla di nuovo. Parole come ghiaccio. Sono le 20,45 di lunedì 18 maggio. Sta terminando in TV la partita della “Nazionale cantanti” contro la “Nazionale piloti”. Ieri sera nel corso di Domenica sportiva i baldi giovanotti in mutande solidali sono stati definiti più e più volte autentici campioni della solidarietà. Autentici. Campioni della solidarietà. Congratulamini ad invicem, tutti promossi, tutti bravi, tutti solidali. Tutti autentici, tutti campioni. Autentici campioni della solidarietà. Basta tanto poco. Autentici: in altri campi il marchio di autenticità te lo fanno penare, nel campo della solidarietà te lo tirano dietro. Campioni: per esserlo nel calcio a Totti occorrono dieci miliardi all’anno, a Schumacher in Formula 1 cento. Il titolo di campione in tema di solidarietà è come il cavalierato: non lo si nega a nessuno. Parole, palloncini.