di Pier Giorgio Lignani
Tra due settimane precisamente il 26 maggio – si voterà per le elezioni “europee”. Non è nostro compito dare suggerimenti per il voto.
Possiamo invece aiutare i lettori ad avere idee più chiare su quale sia la posta in gioco. Come spesso succede in Italia (vedi il referendum voluto da Renzi), le forze politiche riversano sugli elettori argomenti tanto più gridati quanto sono meno pertinenti alla finalità specifica del voto. Adesso si tratta di eleggere i rappresentanti italiani in quello che si chiama “Parlamento europeo”, e già questo è un elemento di confusione, perché si chiama così ma non è un Parlamento nel senso pieno del termine.
Gli assomiglia perché è composto da deputati eletti come espressione delle varie aree territoriali e caratterizzati dalle loro rispettive appartenenze politiche. Ma se per Parlamento si intende la sede più alta, quella che traduce la volontà popolare in indirizzi politici vincolanti per il Governo, e li trasferisce nelle leggi, ebbene, il Parlamento europeo non è questo.
L’autorità suprema dell’Unione europea è il Consiglio, che è il tavolo intorno al quale si riuniscono i capi dei Governi degli Stati membri (o, per le questioni di minore importanza, i rispettivi ministri competenti per materia) e dove vale la regola dell’unanimità. Vuol dire che se su una certa decisione sono tutti d’accordo e solo uno è contrario, vince quello contrario e non se ne fa nulla.
Quindi i molti risentimenti che girano contro l’Europa perché, di tanti problemi che ci sono, la maggior parte non li risolve, anzi neppure se ne occupa, sono male indirizzati: non dovrebbero essere rivolti contro “l’Europa” ma contro gli Stati che la frenano. Tutto sommato, sono più onesti i britannici che hanno scelto formalmente di uscirne, invece di continuare a remare contro. Quindi come strumento per migliorare l’Europa (qualunque cosa s’intenda per miglioramento) la votazione per il Parlamento europeo conta poco o nulla.
Conterebbero invece le elezioni per i Parlamenti nazionali, se i candidati dicessero chiaramente quali politiche intendono mettere in atto su scala europea. In genere, parlano d’altro.