Papa Francesco ha portato il “saluto di pace” agli ebrei, italiani e non solo, nel corso della sua “prima visita” alla sinagoga di Roma il 17 gennaio. Proprio così l’ha definita: “prima visita”, quasi a prometterne un’altra.
Bergoglio è il terzo Pontefice a mettere fisicamente piede nell’edificio, dopo Giovanni Paolo II nel 1986 e Benedetto XVI nel 2010.Entrambi erano però stati preceduti da Giovanni XXIII che benedisse la comunità ebraica all’esterno della sinagoga sul Lungotevere, suscitando scalpore e gioia.
La visita di Wojtyla fu “storica”. Quella di Ratzinger, “controversa” a causa delle voci che circolavano circa la possibile beatificazione di Pio XII. Un giorno probabilmente verrà riconosciuta in via ufficiale l’opera di Papa Pacelli a favore degli ebrei perseguitati, ma è giusto rispettare la sensibilità diffusa, specie su un tema così delicato; tant’è che Papa Francesco ha lasciato cadere il caso Pacelli. Quanto alla sua visita, avviene in un momento di tensioni e stragi causate dal terrorismo islamico.
“Nel dialogo interreligioso – ha detto il Papa – è fondamentale che ci incontriamo come fratelli e sorelle davanti al nostro Creatore e a Lui rendiamo lode; che ci rispettiamo e apprezziamo a vicenda, e cerchiamo di collaborare. Nel dialogo ebraico-cristiano c’è un legame unico e peculiare, in virtù delle radici ebraiche del cristianesimo: ebrei e cristiani devono dunque sentirsi fratelli, uniti dallo stesso Dio e da un ricco patrimonio spirituale comune (cfr. Nostra aetate , 4), sul quale basarsi e continuare a costruire il futuro”.
Dopo aver richiamato, a questo proposito, il 50° anniversario del Concilio Vaticano II, ha aggiunto: “Insieme con le questioni teologiche, non dobbiamo perdere di vista le grandi sfide che il mondo di oggi si trova ad affrontare. Quella di un’ecologia integrale è ormai prioritaria, e come cristiani ed ebrei possiamo e dobbiamo offrire all’umanità intera il messaggio della Bibbia circa la cura del creato. Conflitti, guerre, violenze e ingiustizie aprono ferite profonde nell’umanità, e ci chiamano a rafforzare l’impegno per la pace e la giustizia.
Ogni essere umano, in quanto creatura di Dio, è nostro fratello, indipendentemente dalla sua origine o dalla sua appartenenza religiosa. Ogni persona va guardata con benevolenza, come fa Dio, che porge la sua mano misericordiosa a tutti, indipendentemente dalla loro fede e dalla loro provenienza, e che si prende cura di quanti hanno più bisogno di Lui: i poveri, i malati, gli emarginati, gli indifesi. Là dove la vita è in pericolo, siamo chiamati ancora di più a proteggerla. Né la violenza né la morte avranno mai l’ultima parola davanti a Dio, che è il Dio dell’amore e della vita. Noi dobbiamo pregarlo con insistenza affinché ci aiuti a praticare in Europa, in Terra Santa, in Medio Oriente, in Africa e in ogni altra parte del mondo la logica della pace, della riconciliazione, del perdono, della vita”.
Il rabbino capo Riccardo Di Segni ha sottolineato che, nella “tradizione giuridica rabbinica, un atto ripetuto tre volte [come le visite papali, ndr ] diventa chazaqà , consuetudine fissa. È decisamente il segno concreto di una nuova Era”.
Quindi ha ricordato il Giubileo nella tradizione ebraica: “Non ci è sfuggito il momento iniziale in cui all’apertura della porta è stata recitata la formula liturgica ‘aprite le porte della giustizia’. Per un ebreo che ascolta è qualche cosa di noto e familiare, è la citazione del verso dei Salmi ” che “citiamo nella nostra liturgia festiva”. Tutti “attendiamo – ha detto ancora Di Segni – un momento chissà quanto lontano nella storia in cui le divisioni si risolveranno… Accogliamo il Papa per ribadire che le differenze religiose, da mantenere e rispettare, non devono però essere giustificazione all’odio e alla violenza, ma ci deve essere invece amicizia e collaborazione; e che le esperienze, i valori, le tradizioni, le grandi idee che ci identificano devono essere messe al servizio della collettività”.
All’evento era anche presente un portavoce della Knesset , il Parlamento dello Stato di Israele, Yuli Edelstein . Il quale ha ringraziato il Papa per i suoi appelli a favore della Terra Santa: questo “aiuta l’economia, sia per ebrei che per gli arabi, e potrebbe favorire la stabilità e la pace” in Medio Oriente.
Papa Francesco per la prima volta in visita alla sinagoga di Roma
“Nel dialogo interreligioso - ha detto il Papa - è fondamentale che ci incontriamo come fratelli e sorelle davanti al nostro Creatore e a Lui rendiamo lode; che ci rispettiamo e apprezziamo a vicenda, e cerchiamo di collaborare.
AUTORE:
Dario Rivarossa