Pacifismo autentico e non strumentale

C’è da essere lusingati, come cattolici, in questo momento, per il fatto di ricevere consensi ed elogi da molte parti e da diverse tipologie di persone. Pensiamo, prima di tutto, come ha sottolineato Enzo Bianchi, priore della comunità monastica di Bose, la straordinaria consonanza che le Chiese non cattoliche mostrano nei confronti del Papa in un momento in cui il dialogo ecumenico incontra serie difficoltà. Si può dire che la critica aperta delle Chiese, anche di quelle americane, alla guerra degli angloamericani contro l’Iraq, e la grande campagna di preghiera e di testimonianza per la pace, abbia rimesso in movimento il mondo cristiano globalmente inteso. Analogo movimento, anche se limitato a Cristianesimo e Islam, è avvenuto in ambito interreligioso. Abbiamo visto proprio martedì sera ad Assisi, nella Basilica di San Francesco, nel corso di uno spettacolo musicale di beneficienza a favore di due Paesi africani, “Nel nome del cuore”, il vescovo Paglia e un notabile musulmano abbracciarsi in nome di Francesco e dello spirito di Assisi precedentemente evocato. Dice Bianchi, secondo me a ragione, che non si tratta di una qualsiasi consonanza a carattere genericamente politico o umanitario, ma di un valore evangelico fondamentale, quello appunto della “pace agli uomini che Dio ama”. Questo valore costituisce un asse portante dell’unità cristiana e umana e un segno del “regno” che viene. Le sorprendenti consonanze dichiarate anche da parte di forze politiche laiche ai messaggi papali, pur oggetto di qualche controversa interpretazione, possono costituire un momento di svelamento dell’anima della Chiesa, un’anima sincera e appassionata, a coloro che l’hanno guardata da sempre con i paraocchi della politica di parte o con le lenti preconcette dell’ideologia, che sia quella illuminista massonica radicale o socialcomunista. Un noto opinionista laico, Pietro Ostellino, commentando nei giorni scorsi il discorso in cui il Papa affermava che chi provoca questa guerra ne dovrà rispondere “a Dio alla propria coscienza all’umanità e alla storia” si dichiarava un “aspirante credente”. Questa affermazione e altre di personaggi diversi stanno a significare che la consonanza di tanti con la Chiesa non sia da rigettare semplicisticamente come strumentale. Probabilmente la Chiesa in questo momento sta rivelando un volto, una vitalità e un’energia che molti non sospettavano avendola considerata, come s’è detto sopra, per stereotipi, per sentito dire o per pregiudizi. Eppure la Chiesa è stata chiara e coerente fin dall’inizio del secolo scorso sull’argomento della pace e della guerra ed ha progressivamente abbandonato ogni atteggiamento bellicista, attestata su una linea di “pacifismo” autentico e coerente, non strumentale o ideologico e quindi falso, come è stato certo pacifismo di sinistra che speriamo sia cancellato per sempre, anche se qua e là compaiono alcuni segnali inquietanti. Finalmente si può dire che la Chiesa viene riconosciuta come una grande maestra di umanità. Essa è consapevole che la pace è sempre incerta e fragile e indica pertanto quei quattro pilastri, proposti e illustrati 40 anni fa dalla Pacem in Terris di Giovanni XXIII. Ora è comunque tempo di curvarsi sull’umanità sofferente e senza ideologismi impegnarsi perché si accorcino i giorni della violenza e cessino le azioni di guerra, si risolvano le questioni sul tappeto secondo giustizia ed equità. E’ inutile dire che per noi vincere significa soprattutto con-vincere e se ciò non avviene anche la più netta delle vittorie non è altro che un preludio ad un’altra futura guerra. E la con-vinzione si ottiene curando le ferite, collaborando a ricostruire, attivando canali di dialogo, di conoscenza reciproca, di carità e perdono. Questo è l’impegno che attende gli operatori di pace.

AUTORE: Elio Bromuri