La nostra sensibilità sociale di cattolici democratici si è formata in equilibrio fra i due poli del pensiero filosofico e antropologico che, nel loro progettare la ‘società giusta’, si fronteggiavano guardandosi in cagnesco, impegnati a dire di no a tutto quello cui l’altro polo dicesse di sì. Leone XIII con la sua Rerum novarum sembrò fare quello che fece il card. Roncalli al Conclave dell’ottobre 1958, dal quale sarebbe uscito Papa: arrivò all’ultimo momento, la sua mole imponente s’insinuò sgusciante tra i battenti un attimo prima che la porta della Sistina venisse chiusa. Anche la Rerum novarum sembrò occupare all’ultimo minuto l’ultimo spazio lasciato libero dalla voracità delle due madri di tutte le dentiere ideologiche, il Liberismo e il Marxismo. Chissà se il Conclave del 1958, in assenza dell’interessato, avrebbe ugualmente portato a termine quell’operazione di provvidenziale strabismo collettivo che di un presunto ‘Papa di transizione’ fece il pilastro del rinnovamento della Chiesa? Chissà se senza il colpo di reni del Leone canuto avremmo avuto quella crescita di prestigio della Chiesa cattolica, che oggi ne fa il soggetto più autorevole in tema di dottrina sociale? Oggi il Ministro Mussi, Ds, che sembra il pronipote di Topo Gigio recentemente laureato col minimo dei voti, dice che ‘religione e Chiesa non sono solo un fatto privato, ma occupano un posto essenziale nello spazio pubblico, quello spazio nel quale, in un regime democratico e pluralista, si formano le idee e si confrontano e si arricchiscono e si mescolano le culture’. Cito da Avvenire del 23 giugno 2006. La morsa liberismo/collettivismo s’è allentata. Il loro comune limite è stato messo a nudo: ambedue considerano l’uomo come strumento per lo sviluppo economico. Per questo oggi nessuno vuole più prendere di petto i due mostri imbolsiti, e chi conserva in zucca il sale giusto parla esclusivamente del loro ‘superamento’. E ‘Rifondazione comunista’ non ha più nulla da rifondare. Il IV Simposio europeo dei docenti universitari, riunito a Roma nell’ultimo week end di questo giugno 2006, nei tre giorni del suo intenso programma si è posto tre domande: quali sono gli assetti organizzativi, i modelli di distribuzione del potere e i modelli di divisione del lavoro che possano fare di un’impresa quello che – prima di ogni altra cosa – l’impresa deve essere: luogo di valorizzazione della persona. Tre domande come tre macigni, sullo sfondo di uno scopo altissimo, irraggiungibile, che probabilmente farà sorridere i tecnocrati, non certo noi, ai quali è stato detto che l’irraggiungibilità dei fini ultimi è la garanzia prima della credibilità dei fini primi. Ben tornata, utopia, in questa zona del vivere civile dove sembrava che le calcolatrici potessero pazzijare indisturbate.
Oltre i Poli
AUTORE:
Angelo M. Fanucci