Non sparate sui (veri) cacciatori

Stagione venatoria: tra chi aggira le leggi europee e chi dimentica l'amore per la natura

I cacciatori umbri vorrebbero cacciare in deroga a ciò che comanda l’Europa. Vorrebbero sparare al fringuello, senza dover passare prima per Montecitorio, così come allo storno, una delle specie di volatili che più danneggiano le colture. Invece non possono. Infatti, con la procedura di infrazione 2131/2006, il commissario europeo per l’Ambiente, Stavros Dimas, il 4 aprile scorso comunicava al ministro degli Esteri italiano che l’Europa aveva messo l’Italia in mora per il cattivo recepimento della direttiva 79/409 sulla tutela degli uccelli. Chiare le parole di Dimas: ‘Il regime delle deroghe, previsto dalla direttiva, è prevalentemente utilizzato in Italia per autorizzare una sorta di regime semi-permanente di caccia agli uccelli, rispetto ai quali la caccia è vietata’. In pratica, ha detto Dimas, in tutte le regioni (specie in Umbria, Lombardia, Veneto e Toscana) gli italiani fanno i furbi, invocando ‘le necessità’ della caccia e l’abbattimento di specie di uccelli dannosi per l’agricoltura. Cultura della caccia, in calo in UmbriaTuttavia è innegabile che la caccia, più che una passione, sta diventando una questione da giuristi, da politici e da alti esperti del settore. Di certo, oggigiorno, è comunque ridotta ai minimi termini. Una volta – almeno fino al dopoguerra – dava cibo a molte famiglie umbre. Nei paesi cacciava il medico, il farmacista, il maresciallo dei carabinieri e il prete. Oggi, a chi la pratica, dà soprattutto grane e fatica e in molti lasciano, stressati dalla burocrazia. Inoltre la potenza di lobby e comunicativa degli ambientalisti e degli animalisti è talmente superiore, sotto il profilo politico e dell’immagine, che l’impatto dei loro messaggi contro la caccia sull’opinione pubblica è devastante, specie nelle menti dei bambini e degli adoloscenti: il cacciatore resta ‘il killer’ degli animali. Proteggere il cacciatore ‘buono’ Anche in Umbria la cultura della caccia sta scomparendo: finirà del tutto quando scompariranno quei cacciatori che oggi hanno età comprese fra i 60 e i 70 anni. La nuova generazione di cacciatori, attirati soprattutto dai richiami del mercato delle armi e dalla moda, piuttosto che da quelli degli animali, è soprattutto la ‘generazione dello sparo’. Pertanto, se c’è una specie da proteggere, è quella del cacciatore, quello ‘vecchio’, quello ‘buono’. Prima che si estingua. È lui l’unico che può insegnare ai giovani il vero senso della caccia, quello più nobile, di sfida leale con l’animale ma, soprattutto, di amore per la natura.

AUTORE: Paolo Giovannelli