I racconti della risurrezione e delle apparizioni nel Vangelo di Marco sono molto brevi e sintetici, perciò la liturgia post-pasquale prende in prestito le narrazioni di Giovanni e di Luca. Oggi è Luca a raccontarci l’apparizione di Gesù nel cenacolo, quella che domenica scorsa ci aveva narrato Giovanni con molti particolari simili. Del resto questi due evangelisti hanno scritto ad Efeso e forse si sono conosciuti e influenzati. Ambedue danno rilievo alla concretezza corporea del Risorto, alla sua verifica tangibile, alla identità tra il Gesù risorto e il Gesù storico che conserva le stimmate della sua passione. Insomma il Risorto non è un fantasma, cioè uno spirito evanescente, senza consistenza fisica. I greci del tempo facevano grande difficoltà a credere nella risurrezione corporea perché, nel loro dualismo filosofico esasperato, pensavano che l’anima fosse un elemento divino immortale, imprigionata misteriosamente in un corpo che ne appesantiva e ne riduceva le potenzialità.
La morte era vista come una liberazione dell’anima dalla materia del corpo irrimediabilmente disfatto, e sarebbe stato assurdo costringerla a rientrare nella prigione di prima. Paolo dovrà intervenire a Corinto per correggere questo errore: “Se si annuncia che Cristo è risuscitato dai morti, come possono dire alcuni di voi che non esiste risurrezione dei corpi? Se non esiste risurrezione dai morti, neanche Cristo è risuscitato” (1 Cor 15,12). L’uomo è anima e corpo: non solo ha un corpo, ma è un corpo vivente. La fede cristiana ha sempre valorizzato e venerato il corpo, anche dopo la morte, come ci insegna la liturgia delle esequie. Il corpo risorto di Gesù è la garanzia e il modello della nostra risurrezione futura. Come è lui, così saremo anche noi. Il Vangelo di oggi ci riporta alla sera di Pasqua, quando Gesù risorto appare agli Undici e agli altri discepoli riuniti insieme.
Il racconto vuole descriverci con ulteriore insistenza la nascita della fede nel Cristo risorto in quel primo e decisivo giorno della settimana. Sono appena arrivati da Emmaus i due discepoli e stanno raccontando, ancora trafelati, il loro incontro con il Risorto lungo la via e nella cena. Contrariamente a quanto era accaduto alle donne, che non erano state prese sul serio, questa volta i discepoli accolgono la loro testimonianza e la confermano con l’esperienza che Pietro ha avuto poco prima. Mentre stavano ancora parlando, Gesù apparve all’improvviso in mezzo a loro, generando sorpresa e spavento. Luca non dice che egli venne, magari passando attraverso la porta sbarrata, ma che ‘stette fra loro’. Questa presenza improvvisa fa pensare che Gesù fosse già là, in maniere invisibile, come accade nella realtà della nostra vita di credenti. Anche i discepoli di Emmaus se lo trovarono accanto come compagno di viaggio.
Il Risorto è sempre con noi, anche se non sempre riconoscibile. La reazione spontanea dei discepoli è la paura, come all’apparizione di un fantasma. Gesù dona loro una rassicurazione: “Pace a voi sono proprio io”. Quello della pace non è un semplice saluto, è un dono che si traduce in sicurezza, conforto, serenità, gioia, come aveva promesso durante la cena pasquale (Gv 14,27). In quell’affermazione: “Sono io” c’è l’invito a riconoscerlo come il Gesù della loro esperienza storica. Il Cristo della fede è lo stesso Cristo della storia. Questa identificazione è spiegata chiaramente con l’invito a guardare le mani e i piedi trafitti, e a toccare il suo corpo reale. Il Risorto è l’identico Gesù conosciuto prima di Pasqua. Qui si intrecciano due temi della catechesi apostolica successiva: la realtà somatica del corpo di Gesù risorto e l’esperienza intensa e unica che di lui hanno fatto i primi discepoli. Egli toglie ogni dubbio sulla concretezza del suo corpo umano, quando mangia la porzione di pesce arrostito che gli porgono.
D’ora in poi, la sua risurrezione corporea è confermata e arricchita in modo inequivocabile dalla commensalità che nei quaranta giorni prima dell’ascensione Gesù ha condiviso con i suoi (At 1,4). Nella sua predicazione, Pietro insisterà: “Dio lo ha risuscitato e volle che apparisse a testimoni prescelti da Dio, a noi che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti” (At 10,41). Solo questa ricca esperienza pasquale fece passare i discepoli dalla incredulità e dal dubbio alla certezza di fede e alla gioia. E questa divenne la base storica della nostra fede, quella che noi professiamo ogni domenica. Dalla Pasqua nasce inoltre la missione della Chiesa. Gesù vuole rendere gli apostoli idonei al loro futuro compito di testimoni competenti e autorizzati; apre perciò la loro intelligenza a capire le Scritture. Inizia così la lettura cristiana della Bibbia: tutta la rivelazione contenuta nei Libri sacri ha in Gesù il suo pieno compimento e la sua perfetta comprensione, egli ne è la chiave di lettura.
Perciò ignorare le Scritture significa ignorare Cristo. Egli, quella sera e in seguito per quaranta giorni, ha insegnato che la sua vita è in perfetta e piena conformità con il piano di Dio rivelato “nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi”. Questa triplice divisione caratterizza l’intero elenco ebraico dei libri della Bibbia, come la conoscevano gli apostoli, che erano figli della cultura religiosa giudaica. Dai libri dell’Antico Testamento gli apostoli ricaveranno luce e conferma per illustrare la vita di Gesù nella loro predicazione. Pietro, nel suo primo discorso a Pentecoste, si riferisce per ben tre volte ai testi biblici (At 2,16.25.34). Mostra così di aver imparato la lezione. Proprio la piena comprensione del Risorto, alla luce delle Scritture, renderà i discepoli adatti a predicare a tutti i popoli la conversione al Vangelo, per il perdono dei peccati. Essi vi impegneranno tutta la vita fino al martirio. Le parole di Gesù risorto sulla predicazione a tutti i popoli diventa d’ora in poi il programma della Chiesa. Dopo quella sera meravigliosa di Pasqua, quel compito passa nelle mani di ogni credente consapevole. La missione di diffondere il Vangelo con la vita e la parola è di tutti i cristiani di ieri e di oggi. Per questo essi hanno ricevuto il dono dello Spirito santo.