La firma del gruppo dei pellegrini della diocesi di Terni Narni Amelia è solo la settima, registrata sul libro delle visite alla grotta della natività di Betlemme, dall’inizio della seconda intifada in Israele, ossia dalla fine del 2000 a oggi. Un segno che evidenzia più di ogni altro la situazione disperata in cui versa la Terra Santa, abbandonata all’odio e alla violenza, che, in questi due anni, hanno scoraggiato certamente la presenza degli occidentali. Ecco allora che il pellegrinaggio di solidarietà, pace e testimonianza in Terra Santa, organizzato dalla diocesi di Terni Narni Amelia, in collaborazione con l’Opera romana pellegrinaggi, è stato solo il secondo dall’inizio del 2002. Un pellegrinaggio di cinque giorni, di ventisette persone, tra cui otto sacerdoti, vissuto intensamente tra Nazareth, Cafarnao, Betlemme e Gerusalemme, nell’incontro con i luoghi santi e con la storia sociale attuale di un popolo in guerra.Non coraggiosi o audaci pellegrini, ma testimoni di solidarietà e vicinanza alla popolazione, alle diverse etnie costrette a convivere nella stessa città e negli stessi quartieri, anche se ben delimitati, ma soprattutto costretti a convivere con la stessa paura. La parte più coinvolgente e significativa del pellegrinaggio è stato l’incontro quotidiano con la gente, con le loro storie e problemi, e assai edificante l’incontro con le autorità religiose e civili dei luoghi visitati, dal vescovo di Nazareth mons. Marcuzzo, al Patriarca cattolico latino di Gerusalemme Michel Sabbà, al custode di Terra Santa Padre Battistelli, al nunzio apostolico mons. Pietro Sambi, al Sindaco di Betlemme e al rappresentante della municipalità di Nazareth. Tutti indistintamente, ebrei e palestinesi, incontrati lungo la strada, hanno espresso in vari modi e con parole diverse il loro disagio e le loro difficoltà per una situazione economica e sociale allo sbando e per una quotidianità drammatica. Una disperazione visibile ad ogni angolo della strada, in ogni sguardo e in ogni sorriso, ma una disperazione che spinge ancora di più a fare e ad aiutare. Alcune migliaia di cristiani hanno abbandonato in questi ultimi anni la Terra Santa, a causa della guerra e della crisi economica, in un paese dove solo una famiglia su tre riesce ad avere un reddito decente e sicuro. La presenza dei pellegrini, amici giunti a portare un segno di speranza e di vicinanza, è oggi più che mai indispensabile, come la pace che tanto si auspica. La convivenza in una stessa città dovrebbe essere possibile per tutti, anche con la presenza di religioni diverse, di culture diverse, di esperienze di vita diverse. La Terra Santa è, oggi, un paese abbandonato anche dai pellegrini, ma quanto più la loro presenza tornerà ad essere forte tanto più la speranza della pace si rafforzerà. Il pellegrinaggio diocesano di Terni è stato fortemente voluto dal Vescovo e dalla comunità civile, rappresentata dall’assessore Bufi e dalla dott.ssa Diamanti, in vista anche dell’imminente gemellaggio della città di Terni con quella di Hebron e alla cittadinanza onoraria gia conferita al Sindaco di Betlemme. Una positiva corrente di solidarietà che proseguirà durante tutto il periodo di avvento, in quanto le offerte raccolte saranno devolute per aiutare le popolazioni della Terra Santa e che continuerà per tutto l’anno con altri pellegrinaggi per diffondere una cultura di pace e per rispondere a quel pressante invito fatto ai pellegrini dal popolo palestinese e israeliano: tornate! Elisabetta LomoroDa Terni pellegrini in Terra SantaLa scorsa settimana alcuni pellegrini della diocesi di Terni – Narni – Amelia sono andati in visita alla Terra Santa (vedi articolo alla pag. di Terni). Il viaggio di ritorno è stato il momento per mettere insieme le impressioni raccolte nel corso dei cinque giorni. “Interessante è stato l’incontro con i rappresentanti delle istituzioni e la gente comune, che ci hanno fatto ancor di più comprendere la realtà socio politica della Terra Santa” – hanno sottolineato Floris Bertini, Paolo De Santis, Fernando Novelli e Maria Neve Peroni – “interessante è stato anche aver vissuto la Terra Santa oltre i ricordi”. L’ass. Stefano Bufi afferma “L’approccio religioso in questo territorio è indispensabile. Da lontano si pensa che ci siano meno difficoltà, ma la situazione è pesante e uscirne sarà difficile perchè ci sono troppe diversità e una crisi economica e sociale immensa”. Mauro De Angelis fa notare come sia evidente la vastità delle contraddizioni tra diversi gruppi culturali in un paese in continua trasformazione dove si nota la crescente forza dello stato di Israele e la progressiva diminuzione della presenza cristiana. E poi c’è il fatto della straordinaria capacità dello Stato di Israele di modificare in meglio lo stato di degrado dei luoghi, ricorda Fernando Novelli. “Essere pellegrini è certamente una situazione privilegiata – aggiungono Chiara Nenz e Giampaolo Passalacqua – che ci fa capire come queste due popolazione possono convivere dal punto di vista religioso, un po’ meno sotto l’aspetto politico e sociale, e perciò la pace sarà difficilmente raggiungibile”. Maria De Bruno, entusiasta del suo primo pellegrinaggio in Terra Santa, è rimasta meravigliata dalle grandi strutture costruite sopra i luoghi sacri, diverse volte modificate, in cui si nota molto la grande divisione di spazi e luoghi tra le varie confessioni religiose. Fernando ed Angela Dominioni: ” La situazione è certamente più complicata di come si immagini, sia per le informazioni superficiali che giungono in Italia sia per i mille problemi che caratterizzano questa terra, il cui simbolo eloquente è la divisione che regna all’interno del Santo Sepolcro”. “La povertà che spesso rasenta la miseria è evidente, ma spesso si fa molto poco o niente per aiutare sia materialmente che moralmente queste persone” afferma don Mario. “Un pellegrinaggio da ripetere e proporre senza nessun timore per una fascino tutto particolare che palestinesi ed ebrei riescono ad esercitare – afferma don Fabio. “La gioia che il nostro viaggio ha procurato alla popolazione, agli ordini religiosi e la luce di speranza portata a questi due popoli legati da un rapporto di amore e odio, è quello che più mi ha reso felice, afferma Wilma Meneghini, anche se il vuoto assoluto dei pellegrini è preoccupante e i cristiani si sentono soli e abbandonati, versando in gravi condizioni economiche, aggiunge don Franco. “Per me è stata una forte esperienza di fede perché li ti rendi conto come il cristianesimo sia fondato sulla persona viva che ha calpestato quella terra”, afferma Emanuela Manzi. Il messaggio di solidarietà, vicinanza e amicizia ai popoli che vivono in Israele, che era lo scopo del nostro pellegrinaggio, credo che sia stato pienamente raggiunto anche se credo nella ripercussione concreta che ciò potrà avere sullo stato di belligeranza che di fatto si vive in quella regione, afferma Fernando Novelli. Per molti sacerdoti presenti non è stato il primo pellegrinaggio in Terra Santa ma don Francesco, don Antonio e don Carlo, don Fernando sono concordi sul fatto che il pellegrinaggio sia stato importante per i contatti avuti con il mondo religioso civile locale e con la gente comune, che ha permesso di aprire gli occhi alla conoscenza della drammatica situazione locale, invitando tutti all’impegno di sensibilizzazione una volta tornati nel proprio ambiente. Un’esperienza che ha rivelato quanto sia ancora difficile e lontana una soluzione del conflitto e quanto sia importante essere solidali e vicini anche come semplici pellegrini per aiutare questa gente. La situazione politica è certamente critica, messa in luce dalle sopraffazioni che generano contro risposte, vedi ad esempio gli insediamenti israeliani alla periferia delle città o nel deserto. Per tutti i pellegrini la soddisfazione grande è stata quella di esserci e di aver portato una speranza di pace.
Non audaci pellegrini ma testimoni di solidarietà
Ventisette persone della diocesi si sono recate in pellegrinaggio in Terra Santa
AUTORE:
Elisabetta Lomoro