Il Vangelo di questa diciottesima domenica narra la prima moltiplicazione dei pani. Già all’inizio della narrazione restiamo toccati dalla tenerezza e dalla compassione del profeta di Nazareth. Egli, dopo aver saputo dell’uccisione del Battista, si ritira nel deserto. La morte del battista è un segnale pericoloso anche per lui. Ma la gente continua a seguirlo. Questa volta, dopo che lui ha preso la barca, si affrettano a correre verso l’altra riva, dov’egli approderà. Toccata la riva, Gesù vede davanti a sé tutta quella folla.
È gente affamata, esausta per la fatica e soprattutto in cerca di un “pastore”, di qualcuno che si prenda cura di loro. Il cuore di Gesù, come tante altre volte, non resiste alla commozione: guarisce i malati che gli si presentano e poi, come sua abitudine, si ferma con loro e si mette a parlare e insegnare. Fino a sera tutti stanno a sentirlo. Quella folla in verità non era priva di pane ma di parole vere sulla propria vita, sul proprio destino, priva di qualcuno che si chinasse su di loro e sui propri malati.
Per questo si è fermata tutto il giorno accanto a Gesù per ascoltarlo. Davvero in questa scena possiamo scorgere l’icona di quanto Gesù dice: “Non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio” (Mt 4,4). Tuttavia il Signore sa bene che l’uomo vive anche di pane. E di fronte alla premura dei discepoli che lo esortano a congedare la folla perché possa andare nei villaggi a comprarsi da mangiare Gesù ribatte: “Non occorre che vadano, date loro voi stessi da mangiare”.
C’è qui un invito alla responsabilità di ciascuno, contro la ben radicata abitudine alla delega. “Ognuno pensi a sé!” (è il pensiero dei discepoli in questo caso), oppure: “Ci pensino le autorità costituite!”. Il Signore chiede ai suoi discepoli un comportamento totalmente diverso, non di mandare via la folla ma di aiutarla anche se nelle mani hanno poco: cinque pani e due pesci. Il miracolo inizia proprio qui: dalla nostra debolezza messa con fiducia nelle mani del Signore. Essa viene moltiplicata. La povertà diventa abbondanza. I miracoli, infatti, sono spesse volte bloccati dall’avarizia dei singoli e delle nazioni.
Tanta gente resta affamata e muore, non per la mancanza di cibo, ma perché i singoli e le nazioni lo sprecano e lo distruggono per la loro avarizia. In questo brano evangelico è chiaro che il miracolo è operato dal Signore, ma egli non lo compie senza l’aiuto dei discepoli. Ha bisogno delle nostre mani, anche se deboli; delle nostre risorse, anche se modeste. Se tutte sono riunite nelle mani del Signore diventano forza e ricchezza. È anche questo il senso delle dodici ceste piene del pane e dei pesci avanzati: ad ogni discepolo, ad ognuno dei Dodici, è consegnato uno di questi cesti perché senta la grave e dolce responsabilità di distribuire quel pane che la misericordia di Dio ha moltiplicato nelle sue mani.