No soldi, no riforme

Economia. La legge finanziaria blocca una serie di progetti governativi - incluse università e pubblica amministrazione - per carenza di fondi

Non ci sono soldi. Questo è quanto emerge dalla riunione del Consiglio dei ministri da cui è uscita la legge finanziaria per il prossimo anno, che ora viene chiamata “legge di stabilità”. Da quanto questa legge è stata sottratta al tira e molla parlamentare che in passato la gonfiava per accontentare questo e quello, le cose sono migliorate. È diventata una legge sobria. Però non ci sono soldi. E quindi il governo ha dovuto bloccare la riforma dell’università in attesa di racimolare i fondi necessari, mentre il ministro Brunetta ha congelato, o rimandato, la sua riforma della pubblica amministrazione che doveva prevedere anche degli incentivi meritocratici. “Non ci sono soldi” ha detto il ministro dell’Agricoltura Galan all’uscita della riunione del governo. Il ministro Tremonti ha dichiarato, però, che con questa finanziaria si conclude l’età della stabilizzazione e dalla primavera prossima si potrà partire dalle riforme. Il ministro Calderoli, dal suo punto di vista, ha portato le fasi a quattro: stabilizzazione (conseguita), recupero di fondi per la riforma universitaria, federalismo e ripresa. Certamente non si può negare che l’Italia avesse bisogno di stabilizzare i propri conti. Nell’Unione Europea, infatti, si sta passando dal controllo del deficit al controllo del debito. Se finora si pretendeva che i Paesi membri non andassero oltre il 3% nel rapporto deficit-Pil, ossia che il rosso non fosse superiore al 3 per cento di quanto si produce in un anno, ora si tende a pretendere che anche il debito pubblico sia tenuto sotto controllo in base a parametri fissi, e tutti sappiamo che questo è il nostro male maggiore. Però la conclusione di una politica di questo genere, contabilmente ineccepibile, è che non ci sono soldi, e questo blocca le riforme. Su questo passaggio possono nascere delle perplessità. Non c’è un automatismo così netto tra mancanza di soldi e impossibilità di fare le riforme. Il motivo è facilmente intuibile: le vere riforme dovrebbero far risparmiare e non, invece, far spendere. O meglio: ci sono delle riforme che vanno fatte risparmiando e per risparmiare, e ci sono delle riforme che richiedono d’investire. Ci sono anche delle riforme che possono essere fatte in parte risparmiando e in parte investendo quello che si è risparmiato: è il caso dell’università. Almeno le prime, quelle che non richiedono investimenti, possono essere fatte. La riforma federalista, se non serve a risparmiare, è meglio non farla. Una riforma della sanità che non permettesse di risparmiare, non sarebbe da percorrere. La famosa riforma della pubblica amministrazione di Brunetta avrebbe dovuto far risparmiare. Perché è stata bloccata per mancanza di fondi? Il governo, quindi, non dovrebbe limitarsi a constatare che i soldi non ci sono, ma dovrebbe intanto aprire la strada alle riforme che non costano o che addirittura fanno spendere meno. Chi scrive ne ha indicate alcune nel recente passato: la privatizzazione delle società partecipate dagli enti locali e la parità scolastica sono riforme che non solo non costano niente, ma che addirittura produrrebbero grandi risparmi di denaro pubblico. In Italia ci sono più bidelli che carabinieri, e i bidelli non fanno neanche le pulizie, che sono appaltate a ditte esterne. Niente contro i bidelli: solo che, se lavorassero presso scuole non statali paritarie, non graverebbero sul bilancio pubblico. Alcuni quotidiani, in questi giorni, hanno anche proposto la vendita dell’ingente patrimonio immobiliare pubblico, spesso inutilizzato o sottoutilizzato, nonché costoso per la manutenzione. Metterebbe in circolo una valanga di risorse, tanto Bot e Cct non sono garantiti da quello. Ammesso che queste osservazioni siano attendibili, allora nasce il sospetto che non si tratti solo di mancanza di soldi, ma di carenza di un progetto di governo condiviso dalla maggioranza. La mancanza di creatività e di inventiva dei governi – qualità che dovrebbero emergere proprio nei periodi in cui non ci sono soldi – attestano, di solito, un blocco di tipo politico degli Esecutivi. Le tasse non si possono aumentare, il debito non si può aumentare: quindi non ci sono soldi. Ma la politica non è qualcosa di più della ragioneria? I governi in gamba non si vedono quando le vacche sono grasse, ma quando sono magre.

AUTORE: Stefano Fontana