‘Sono sicuro che da questo convegno partirà una stagione nuova anche per le vostre Chiese’. Mons. Sergio Nicolli, direttore dell’Ufficio Cei di Pastorale familiare, parla a braccio guardando negli occhi i suoi interlocutori. Ha seguito, o meglio ha partecipato a tutta la preparazione del convegno ecclesiale regionale iniziata più di un anno fa e molte delle coppie lì presenti le conosce personalmente. Ha conosciuto anche i vescovi e li ringrazia sottolineando la loro presenza ad Assisi, il loro essersi messi in ascolto delle famiglie che sono state le vere protagoniste di tutto il convegno. La sala teatro della Domus Pacis tra sabato e domenica ha accolto più di mille persone, ovvero centinaia di coppie, molte venute con i figli. Una partecipazione superiore alle aspettative. Mons. Nicolli ha il compito di presentare delle riflessioni conclusive e lo fa ricordando il valore di questa esperienza regionale finora unica in Italia. Sottolinea la parola ‘qualità’ che è frutto della formazione delle coppie che saranno impegnate nella pastorale familiare e invita a non inseguire i numeri ma a lavorare, per esempio nella preparazione al matrimonio, proponendo percorsi intensi a piccoli gruppi, ‘poi saranno loro a chiedere di andare oltre, ad allargare il gruppo’. ‘È nella solitudine e nell’isolamento – ricorda Nicolli – che matura la crisi di molte coppie’. L’assemblea sottolinea con due applausi l’invito a partire dalle famiglie in difficoltà o irregolari mettendosi anche in ascolto della loro voce ‘amando le persone prima di ogni progetto’, e l’invito rivolto agli sposi ad aiutare i preti ‘a vedere in voi degli alleati nel nostro impegno pastorale’ perchè ‘ordine e matrimonio sono entrambi sacramenti dati da Dio per la costruzione della comunità’. ‘Questo convegno è stato esperienza di fede ed evento ecclesiale’ ha aggiunto mons. Vittorio Peri, responsabile della commissione preparatoria del convegno, ringraziando i relatori, i membri della commissione preparatoria, a cominciare dai coniugi Giannetti e da padre Temperilli dell’ufficio regionale di pastorale familiare, e tutte le coppie che hanno partecipato con fedeltà ai seminari preparatori e alle inziative diocesane. Mons. Peri ha sottolineato anche il servizio reso da questo settimanale ed ha invitato ogni famiglia ad abbonarvisi in quanto strumento indispensabile che con la sua informazione sostiene anche la comunione ecclesiale. Le relazioni, ha ricordato, saranno raccolte in degli atti e in un dvd che può essere prenotato presso l’ufficio regionale di pastorale familiare. Molto curati sono stati anche i momenti di preghiera, dalle lodi presiedute dal vescovo di Assisi, mons. Domenico Sorrentino, ai vespri del sabato, presieduti dall’arcivescovo di Spoleto – Norcia mons. Riccardo Fontana. Domenica, la messa è stata celebrata nella basilica di Santa Maria degli Angeli. Presieduta dall’arcivescovo di Perugia – Città della Pieve mons. Giuseppe Chiaretti hanno concelebrato tutti i vescovi umbri, tranne mons. Vincenzo Paglia impegnato nel Sinodo dei vescovi a Roma. All’omelia mons. Chiaretti ha parlato delle famiglie ‘cellule primarie del corpo sociale’ verso le quali vi è ‘una sordità istituzionale che privilegia chi ha più potere e grida di più e umilia di fatto chi non ha voce per esternare la propria sofferenza’. Ha richiamato la ‘persistente emergenza educativa’, il ‘grave deficit etico e morale del nostro tempo’ e le difficoltà di cui soffrono le famiglie ‘per le incertezze del lavoro, della casa, della sicurezza sociale, e persino del legittimo risparmio. E questo fatto – ha concluso – ci impegna a salvaguardare prima di tutto proprio questo anello strutturale della società, e cioè la famiglia, mettendo le sue richieste al primo posto’. Intervista alla teologa Ina Siviglia, cui è stata affidata la relazione introduttiva del ConvegnoL’amore rivela la Trinità anche attraverso il doloreGenitori comuni con comuni impegni di famiglia (non pochi avevano il piccolo in sala… incredibilmente tranquillo) hanno seguito con profonda attenzione la relazione che ha aperto la due giorni. ‘Matrimonio, fondamento della famiglia: sacramento e icona trinitaria’ era il tema assegnato alla biblista Ina Siviglia, che non ha fatto sconti a nessuno, affrontando un argomento che ‘richiede da parte della Chiesa il coraggio profetico della proposta, ma anche l’impegno della ricerca teologica e della sperimentazione pastorale, indagando con categorie e linguaggi sul novum che si sprigiona dalla bellezza e dalla profondità dell’incontro nella fede tra gli sposi credenti e Cristo crocifisso e risorto’. Il magistero dell’attuale Papa, ha detto, parlando della Deus caritas est, ‘mostra come ogni autentico amore, che lega in modo unico ed eterno un uomo e una donna, diviene strumento della rivelazione dell’amore trinitario, e questo a sua volta diventa il paradigma per la coppia umana, in una circolarità di dono, accoglienza, di unità delle alterità, eccedenza di amore’. Parole difficili? Forse sì, a leggerle così, a freddo. Eppure l’assemblea ha colto nel discorso della relatrice tutta la forza che viene dalla concretezza del Vangelo. Impressione confermata quando Ina ha confessato la morte dell’unica figlia, Teresa, strappata alla vita da un tumore all’età di 18 anni, e poi la scelta di adottare quattro fratelli. Come parlare di famiglia ‘icona della trinità’ ad un publico di ‘lontani’? ‘Credo – ha risposto Siviglia – che bisogna veramente compenetrarsi con questa spiritualità, con profondità di pensiero e di preghiera, ma anche con l’assunzione di stili di vita che lascino trasparire quella domanda per gli altri: perché vivono così? Così erano i primi cristiani, e questo crea prima curiosità, poi interesse, poi prossimità, perché la proposta cristiana è veramente affascinante quando è intrisa di umanità. Allora, secondo me prima vengono più i gesti, lo stile di vita, che non le parole. Quando poi le persone aprono il cuore scoprono un mistero d’amore che va oltre l’umano. Allora lì si può intervenire con un annuncio esplicito, ma non subito, perché altrimenti le persone rischiano di prenderci per matti e di allontanarsi ancora di più’. Lei ci ha dato testimonianza della tragedia della perdita di sua figlia. Questa fede l’ha aiutata veramente?’C’è una confusione di fondo quando si dice che chi ha la fede è fortunato anche nel dolore. Questa parola, ‘fortunato’, non si capisce che significa. Il dolore è quello. Ti scarnifica, non è meno di quello che soffre una persona che non crede. Quello che va maturando nel tempo è che l’orizzonte di fede non è fuori di questo dolore, cioè non è una risposta ultima, finale, ma si intreccia col dolore e ti fa scoprire perfino aspetti del mistero di Dio che non avresti conosciuto, e aspetti del mistero dell’uomo che soffre che non avresti sperimentato, per cui ti apre ancora di più all’amore e alla capacità di condivisione. Ma questo non ti sottrae assolutamente alla fatica, al dispiacere, all’incapacità, qualche volta, di alzare gli occhi e dire: Padre. Perché un Dio che ti strappa l’unica figlia, fai fatica a chiamarlo così. Allora poi diventa conquista, diventa azione dello Spirito dentro di te’. La Chiesa e la famiglia: dovremmo averne fatto di strada dopo il Concilio”Non molta. Abbiamo ancora tanta strada da fare, sia per l’ascolto che la Chiesa deve dare alla famiglia, sia per lo spazio per le famiglie come soggetti ecclesiali a pieno titolo, sia anche in ordine ad una visione di Chiesa che sia famiglia di famiglie. C’è molta strada, molta’.
Nicolli: ‘nuova Stagione per la Chiesa’
Dal direttore dell'Ufficio Cei di pastorale familiare prime indicazioni per un progetto che punta alla qualità della formazione degli operatori pastorali
AUTORE:
Maria Rita Valli