Nessuno come noi. Ma

Abatjour

Sabato 18 febbraio, ore 20.15. A Santa Maria al Corso è appena terminata la Messa dei giovani. Mi si avvicina Giancarlo. Tra noi due c’è un’amicizia Doc, corroborata da diversità di vedute su diverse questioni, ma invecchiata a lungo in botti di rovere (ci siamo incontrati la prima volta qualcosa come 64 anni fa!): il rovere di una reciproca, fortissima benevolenza. Oggi io sono un catorcio, lui è un distinto professionista, pensionato, che fa l’occhiolino per via di una piccolo malanno da quelle parti. “A don A! – dice Giancarlo – e finiscila co’ ‘sta storia della Chiesa che (lo ripeti dalla notte dei tempi!) senza i poveri è solo una congrega di buontemponi! In fondo nessun’altra realtà sulla faccia della Terra ha fatto per i poveri quello che ha fatto la Chiesa!” Vero, verissimo. E bisogna esserne orgogliosi, orgogliosissimi. Nessuno mai come la Chiesa. Fu questo il dato che colpì sia Montanelli che Giorgio Bocca quando, lasciata da parte la macrostoria, in giro per le estreme periferie di Milano vollero verificare chi si occupasse dei poveri. Ma il problema è un altro. Innescando nel cuore della sua proposta di vita la sua utopia allo stato incandescente (“Siate perfetti come perfetto è il Padre che è nei cieli”), il Maestro di Nazareth ci ha resi incontentabili, come Chiesa. Incontentabili i santi. San Francesco che, rotolandosi sui prati de La Verna, guaisce come un cane: “Signore, parla a questo povero peccatore”. Ubaldo che negli ultimi cinque anni della sua vita, quando una spaventosa malattia gli aveva coperto il corpo di pustole minute che emettevano un siero denso e maleodorante, ogni momento piangeva i suoi peccati. Alfonso Maria de’ Liguori che, prima dell’ultima pace, pareva impazzito dalla paura: lui, l’autore di Tu scendi dalle stelle, temeva che Dio lo abbandonasse (?!).A volte, calando dai vertici dove sono maturate, queste sensazioni contagiano anche noi, mezze calzette. Ci turbano. Poi, finito il turbamento, sul tavolo rimangono due domande. Prima domanda: è vero che per i poveri nessuno ha fatto quello che ha fatto la Chiesa, ma l’enorme potenziale del quale in questa direzione la Chiesa dispone è stato utilizzato tutto? No, assolutamente no. Da san Benedetto Labre a Chiara Amirante, dal santo che si è fatto straccione fra gli straccioni alla bella ragazza che ha trovato infinitamente più belle della sua le facce dei poveri, è tutta una gamma di esperienze esaltanti, che dice: no, quel potenziale non è stato utilizzato tutto. Seconda domanda: quando la storia impone alla carità della Chiesa una virata di 90°, riusciamo a sterzare senza mugolii di fatica e ad impiegare l’enorme patrimonio di bene per i poveri che ci è stato donato in una direzione nuova, e magari ancora più feconda sul piano dell’evangelizzazione? Due domande che l’avvento del Welfare State ha riproposto in maniera nuova.

AUTORE: Angelo M. Fanucci