L’avevo detto a me stesso, nell’atto di coricarmi, quattro ore fa: questa notte non si dorme. Ed eccomi qui, alle ore 3.06 ‘i mercoledì 25 marzo, davanti alla tastiera del mio pc, a tentare di rendere ragione della mia impossibilità di abbandonarmi tra le antiche braccia consolatorie di Morfeo. Da qualche giorno il consueto disagio serotino è diventato quasi una desolazione; certo, a quest’ora del 25 marzo sull’altro piatto della bilancia c’è già la festa dell’Annunciazione della beata Vergine Maria a impedirne il dilagare, ma la sofferenza intima filtra comunque. Ho seguito anch’io le polemiche suscitate dalle catechesi tenute da Benedetto XVI nel corso del suo viaggio in Camerun, fino alla drammatica presa di posizione autorevolissima del card. Bagnasco al Consiglio permanente della Cei. Chino la testa, dico di sì, tento di pregare. Come facemmo tanti anni fa, nel 1968, don Pietro Bottaccioli ed io, quando, pellegrini a Sotto il Monte, proprio nel paese natale di Papa Giovanni ci arrivò la notizia del ‘no alla pillola’ di Paolo VI. In realtà quello di Montini allora, proprio come quello di Ratzinger oggi, voleva era un ‘sì’ alla vita. Chinammo la testa, dicemmo di sì, tentammo di pregare. Pregammo. Stanotte lo faccio da solo, nel silenzio del mio studiolo disordinato, affogato da cartelle polverose, gremito di libri inutili, di carte superflue, di cd musicali che nessuno ascolterà mai. Questa è la mia Chiesa. Non mi pento d’aver fatto della Chiesa, di questa Chiesa, il perno della mia vita, e di aver accettato come Papa, dopo la fumata bianca, Joseph Ratzinger non meno che Angelo Roncalli.Ma stanotte in primo piano c’è la desolazione per l’abisso che è tornato ad aprirsi fra Chiesa e mondo. Ho letto quello che don Molari ha scritto su L’altra pagina, la splendida rivista (in bianco e nero, finalmente!) che pubblica a Città di Castello il gruppo che si riunisce intorno all’esile e robustissimo don Achille Rossi: parole sagge, parole di speranza. La certezza che dal Concilio non si torna indietro. Ma stanotte’Ero prete da un anno e mezzo quando, l’11 settembre 1962, ad un mese dall’inizio del Concilio, mi raggiunse l’amatissima voce cantilenante di Giovanni XXIII: ‘Da oggi la Chiesa sarà la Chiesa di tutti, e soprattutto la Chiesa dei poveri’: Ci ho creduto. Ci credo, ma che desolazione, questa notte! Nel nome della Chiesa dei Poveri, 39 anni or sono scelsi un ruolo per me spropositato, quello di profeta di una ciurma di Comunitari che, partendo dagli ultimi, volevano cambiare il mondo e i suoi paraggi. Oggi mi ritrovo a fare il datore di lavoro a operatori bravi e coscienziosi, ma senza nemmeno uno sbuffo di profezia. Nel nome della Chiesa di tutti, credetti sia nell’ecumenismo che nel dialogo della Chiesa con le culture secolari come ‘reciproca fecondazione’. Ma stanotte… che desolazione, stanotte.’ ‘/p
Nel cuore della notte
Abatjour
AUTORE:
a cura di Angelo M. Fanucci