L’Avvento appena iniziato ci fa pensare immediatamente al Natale: Gesù Cristo, il Figlio di Dio, nasce per noi, si fa presenza, pone la sua tenda tra le nostre case, ci viene ad assicurare che non siamo più soli, che c’è Lui e che è venuto per salvarci. Non dobbiamo più aspettare altri liberatori; sono come le nubi che valgono finché non vengono spazzate da altre ventate pretestuose. La potenza del Natale è tutta qui. Rispetto quanti preferiscono non pensarci. So benissimo come sia più facile, anche filosoficamente, accettare l’esistenza di Dio, di quanto ammettere che Dio si faccia uomo. È un grande atto di fede. Ma non possiamo barare, fingere che non sia così, e trasformare il Natale in una innocua fiaba per bambini. Con le fiabe non si cambia il mondo. Con la fede, anche se con fatica, ci si può riuscire. I presepi, le stelle comete, i personaggi che sono prolificati attorno alla realtà del Natale non dovrebbero essere che un richiamo all’amore di Dio per noi. Per questo il contenuto delle vetrine non ha niente a che vedere con il richiamo da evocare. Magari la pubblicità si rivolgesse anche a coloro che non possono fare Natale, e dicesse “coraggio!”. Ma quelli non contano, perché non comprano. Penso alle persone sole e abbandonate, ai malati, alle famiglie frantumate nelle convivenze, negli affetti, nelle assenze, nelle incomprensioni; penso ai disoccupati, ai cassaintegrati, agli emarginati sociali di ogni tipo. Per loro non c’è Natale; per loro è irritante e provocatorio lo sfavillio delle luci che invitano al consumo, all’insolenza delle spese, a cui non potranno mai aspirare perché non possono lavorare. È mai possibile che Gesù, il Salvatore, sia venuto soltanto per coloro che possono permettersi il lusso di festeggiare la sua nascita? Il mio dovere è di dire oggi con forza e gioia: se apriamo le porte a Cristo e al suo messaggio, qualcosa può capitare, e se fossimo in molti a crederci sul serio, qualcosa di meraviglioso potrebbe accadere attorno a noi. Invece, se andiamo avanti così, baloccandoci con le illusioni, il Natale continuerà ad essere una storia di porte che rimangono ostinatamente chiuse: “Non c’era posto per loro nell’albergo” (Lc 2,7). Lo stile del Signore non è di sfondarle, se mai di rispettare le resistenze. Sono porte che si aprono dall’interno. L’amore non costringe, accetta il rifiuto, accetta di essere respinto. L’augurio è che queste porte, che sono poi quelle del nostro cuore, si aprano senza paura, senza ostentazione, nel rispetto della pazienza di Dio, di questo eterno mendicante che bussa soltanto per dare. Se è vero che a Natale un Bambino nasce per noi, ed è il Figlio di Dio, accogliamolo come il Salvatore che ci porta il suo amore e la sua pace. Mettiamolo al centro delle nostre famiglie come punto di riferimento, di confronto, con amore, con riverenza, con stupore o, almeno, con nostalgia. Non ci tradirà mai, anche se noi lo abbiamo tradito tante volte. Celebriamo un Natale con le porte aperte a Colui che è venuto per liberarci, non per un giorno, ma per sempre.
Natale: festa con le porte aperte
Parola di vescovo
AUTORE:
† Renato Boccardo