Mons. Rosvaldo Renzi, un “vero signore” innamorato del Concilio

Dieci anni fa, scompariva all’improvviso. Un ricordo che diventa ancora più doveroso in questo Anno sacerdotale

Sono passati dieci anni da quella domenica 12 dicembre 1999, quando improvvisamente mons. Rosvaldo Renzi è tornato alla casa del Padre. Non potrò mai dimenticare quel giorno, anche per la dinamica con cui la notizia ci raggiunse in un momento tanto bello e particolare della vita della diocesi. Ero con mons. Gualdrini alla consacrazione e dedicazione della nuova chiesa di San Matteo a Campitello. Eravamo ormai giunti alla fine della liturgia, al momento dei discorsi ufficiali, dei saluti e dei ringraziamenti. Per me, economo della diocesi da appena tre anni, era una grande soddisfazione: la conclusione dei lavori e l’inaugurazione di una chiesa tanto desiderata e tanto attesa dalla popolazione. Dal fondo della chiesa, facendosi largo tra una folla immensa, una ragazza del coro di Gabelletta comincia a farmi dei gesti sempre più insistenti. Intuisco che c’è qualche problema, mi allontano dall’altare e vado verso di lei che mi comunica la triste notizia. Incredulo, senza cognizione di ciò che fosse accaduto, avverto mons. Gualdrini e raggiungo immediatamente Colle dell’Oro. Trovo mons. Renzi disteso a terra, con ancora tutti i paramenti sacri, con un volto profondamente sereno: aveva concluso la celebrazione eucaristica, donando ai bambini la candelina dell’Avvento con i piccoli impegni della settimana, ma aveva concluso soprattutto il suo cammino terreno e si avviava a celebrare l’eterna liturgia in cielo! Don Renzi, come familiarmente tutti lo chiamavano, era un uomo semplice e riservato, un prete esigente con sé e con gli altri e al contempo molto disponibile, un vicario deciso, attento e sempre pronto ad ascoltarti; “un vero signore”, come tanti di noi amavamo definirlo. Innamorato del Concilio e sempre attento ad un mondo che cambiava velocemente, non poneva mai gesti eclatanti che attirassero l’attenzione, ma il suo atteggiamento di fedeltà e di lavoro, anche umile, rivelava il suo grande attaccamento alla Chiesa, che ha servito in numerosi compiti e incarichi: parroco a San Gabriele, alla cattedrale di Narni, e da ultimo a Colle dell’Oro, membro di tanti Consigli della diocesi e soprattutto vicario generale dal 1975 con mons. Quadri fino al 1990 con mons. Gualdrini. Tanti di noi ricordano il suo intervento all’assemblea diocesana a Narni il 25 settembre 1987 come il suo testamento teologico e pastorale della sua visione di Chiesa. Già il titolo era invitante e di grande stimolo: La nostra comunità locale in cammino verso la comunione: i Consigli pastorali, strumenti della comunicazione. Mi piace riportare alcune brevi citazioni che trovo ancora tanto attuali, da riscoprire e mettere in pratica. “Occorre prendere coscienza che tutti sono chiamati a fare la Chiesa ed hanno dei propri doni per concorrere alla sua edificazione”. E prosegue: “Il discorso è rivolto anche ai lontani; anch’essi sono nel piano di Dio e, quando lavorano per la giustizia e la pace, sono protagonisti, sia pure inconsapevolmente, del suo regno”. Ed ancora: “Non possiamo limitarci a pensare alla Chiesa di Terni Narni Amelia: se la nostra Chiesa locale non vive sullo sfondo del mondo e del regno di Dio, manca di qualcosa di essenziale!”. “Dalla celebrazione eucaristica deve nascere quella tensione unitaria che spinga l’intera diocesi… in tutto l’arco dell’impegno pastorale e missionario”. Infatti “la pastorale non è un servizio che fanno poche persone attive ad altre che sono destinatarie passive; la nostra è una presenza di fede e la fede non si può delegare: se c’è la delega, salta il discorso della comunione”. E ancora: “Non ci siamo tutti e fino in fondo con la nuova idea di Chiesa, i laici non hanno ancora preso ovunque ed in modo proporzionato il loro posto nella Chiesa… ma non si tratta solo di buona volontà: si richiede una preparazione culturale e spirituale per un apostolato efficace… e non si può rinunciare all’impegno profetico – proprio dei laici – nelle attività temporali”. È importante per tutti non solo il dovere della memoria ma anche quello della riconoscenza e della gratitudine per questo nostro sacerdote, proprio nell’Anno sacerdotale che celebra tutta la Chiesa.

AUTORE: Don Francesco De Santis