Miliardari

La settimana scorsa nelle cronache regionali di un quotidiano si è parlato di miliardi. In una città dell’Umbria, e non la più grande, vi sarebbero mille miliardari. Cittadini che hanno da uno a più miliardi nel proprio conto in Banca. Dati della Banca d’Italia: i nomi sono segreti, non le cifre. Se allarghiamo l’angolo dell’obiettivo sull’intera regione possiamo raggiungere cifre più ampie e consistenti. Avere soldi non è una colpa quando provengono da onesto lavoro e capacità di risparmio. Il denaro è un potente mezzo per cambiare il mondo, in bene e in male. Si dà il caso che di tale risorsa ci sarebbe molto bisogno, sia in terre lontane, dove la fame, la malattia, la miseria e la guerra pongono grandi e impellenti urgenze, sia anche più vicino dove, pur nel benessere appariscente e forse soltanto apparente, non mancano situazioni di necessità e di disagio. Investire denaro per produrre lavoro per i giovani è una delle opere di solidarietà più meritevoli. Così pure mettere a disposizione risorse per la custodia e la cura di opere d’arte, monumenti, strade, piazze. Certo, ci dovrebbero pensare le pubbliche amministrazioni, lo Stato, le Regioni, i Comuni. Sappiamo che questo non sempre avviene per ragioni che sarebbe lungo e arduo illustrare. I soggetti privati, d’altra parte, dovrebbero sentirsi chiamati, e persino onorati, potendo, di intervenire con mezzi propri per risolvere problemi di tutti. Viene a proposito il tempo dell’Avvento, con il richiamo del Papa al digiuno proposto per il venerdì 14 dicembre in concomitanza con la fine del Ramadan islamico e l’appello della Caritas per l’ “Avvento di carità” destinato a raggiungere le necessità più gravi presenti nel mondo. La guerra in atto ci offre uno scenario devastante e devastato, dove è scatenato un vento di ferocia, così dicono gli inviati speciali, dentro al quale emergono come eccezioni le figure di volontari che vanno a rischiare la vita per rendersi utili e mettere a servizio le loro competenze, come il chirurgo Gino Strada o l’ortopedico che fabbrica protesi per riparare gli arti smembrati dalle bombe e dalle mine. E’ stato appena celebrato il trentesimo anniversario della fondazione della Caritas italiana. Con questa istituzione ecclesiale si è avuta una crescita della sensibilità verso i poveri e i sofferenti. La Chiesa è stata nei secoli maestra di umanità e operatrice di opere di assistenza e di misericordia nelle forme più diverse, secondo i tempi, i luoghi e le condizioni sociali. La Caritas in questi trent’anni di vita è stata soprattutto incisiva nella diffusione di una mentalità nuova che consiste nella scoperta e riscoperta dell’altro, del piccolo, di colui che ufficialmente non esiste e non ha voce in capitolo, che passa inosservato e rimane nella sua triste solitudine. Tale mentalità dovrebbe raggiungere, come ha fatto finora, non solo la gente “normale”, per lo più del ceto medio – basso, che spesso ha messo a disposizione l’evangelico obolo della vedova, ma anche i miliardari di cui si diceva sopra. La popolazione mondiale dei Paesi ricchi ha risorse tali da portare un decisivo sollievo alla parte di umanità che rimane ai margini del benessere.Dopo l’11 settembre il processo di cambiamento della mentalità dovrebbe seguire la linea che la Chiesa, attraverso il continuo magistero pontificio indica all’umanità. Ne va di mezzo, oltretutto, la salvaguardia della pace.

AUTORE: Elio Bromuri