Domenica prossima, 13 novembre, si conclude il Giubileo straordinario della misericordia nelle Chiese particolari, mentre il 20 novembre, solennità liturgica di Gesù Cristo Signore dell’universo, sarà Papa Francesco a concluderlo per la Chiesa universale. Diremo la nostra gratitudine per questo anno di grazia e “affideremo la vita della Chiesa, l’umanità intera e il cosmo immenso alla Signoria di Cristo, perché effonda la sua misericordia come la rugiada del mattino per una feconda storia da costruire con l’impegno di tutti nel prossimo futuro. Come desidero che gli anni a venire siano intrisi di misericordia per andare incontro ad ogni persona portando la bontà e la tenerezza di Dio!” (Misericordiae Vultus, 5).
Quindi non “chiuderemo” la porta della Misericordia. Questa resta ben spalancata per tutti coloro che vogliono entrarci per sperimentare ancor più l’abbraccio accogliente e benedicente del Padre, e poi uscirne per portarlo fraternamente a quelli che ancora non ne conoscono l’indicibile gioia.
Non quindi una parentesi che si chiude, ma la conferma di una svolta irreversibile nella vita della Chiesa. Papa Francesco ha avuto il coraggio di innescare una vera e propria rivoluzione, la “rivoluzione della tenerezza” contro il pericolo quanto mai attuale della globalizzazione dell’indifferenza.
Ha sdoganato la misericordia dal pietismo dandole grandissima dignità (cfr. MV, 2). L’ha intesa e proposta come chiave di lettura del messaggio del Concilio e del post-Concilio; la Parola che ha traghettato la Chiesa dal II al III millennio cristiano.
Così Papa Francesco ha confermato ampiamente la profezia di santa Faustina raccolta da san Giovanni Paolo II: “La divina misericordia è la scintilla che preparerà il mondo all’ultima venuta di Cristo” per cui “bisogna trasmettere al mondo questo fuoco della misericordia. Nella misericordia di Dio il mondo troverà la pace e l’uomo la felicità” (17 agosto 2002).
In fondo il Giubileo voleva aiutarci a mettere al centro della nostra vita umana e cristiana quella misericordia che è il cuore nuovo di cui parlavano i profeti: il cuore stesso di Cristo che si è rivelato a noi con il “volto della Misericordia”, dandoci la grazia inimmaginabile di diventare anche noi misericordiosi come lui. In questo modo la consegna o il mandato del Giubileo si deve incarnare e prolungare nella nostra vita.
La Chiesa “sa che il suo primo compito, soprattutto in un momento come il nostro colmo di grandi speranze e forti contraddizioni, è quello di introdurre tutti nel grande mistero della misericordia di Dio, contemplando il volto di Cristo. La Chiesa è chiamata per prima a essere testimone veritiera della misericordia professandola e vivendola come il centro della rivelazione di Gesù Cristo. Dal cuore della Trinità, dall’intimo più profondo del mistero di Dio, sgorga e scorre senza sosta il grande fiume della misericordia” (MV, 25).
La misericordia porta al massimo compimento la giustizia, cambiando lo sguardo, allargando il cuore, facendo nuove la persona e le relazioni interpersonali. Così come ad esempio Maria che ha saputo “trasformare una grotta per animali nella casa di Gesù con alcune povere fasce e una montagna di tenerezza” (EG, 286); così come, sotto la croce, ancora lei ha saputo sintonizzare tutta se stessa nei sentimenti di misericordia e di perdono del Figlio morente in croce.
Insomma, la vera rivoluzione del mondo comincia dal cambiamento del nostro cuore, che proprio attraverso la misericordia ci fa passare dall’egoismo all’accoglienza fraterna, e quindi alla vita buona del Vangelo.