La Chiesa non cessa di offrire il suo contributo per il bene dell’uomo, anche se i suoi interventi non sempre trovano adeguato spazio sui principali organi di informazione. Benedetto XVI, ricevendo il 21 febbraio i partecipanti all’assemblea generale della Pontificia accademia per la vita, ha richiamato la necessità di sostenere la fatica del ricercatore in campo genetico. Un contributo disinteressato alla scienza per testimoniare, in concreto, come la fede sia amica della ragione. La genetica è progredita enormemente, arrivando, ad esempio, a conoscere meglio l’architettura invisibile del corpo umano e i processi cellulari e molecolari che presiedono alle sue molteplici attività.
“La scienza” ha detto il Papa “è giunta oggi a svelare sia differenti meccanismi reconditi della fisiologia umana, sia processi che sono legati alla comparsa di alcuni difetti ereditabili dai genitori, come pure processi che rendono talune persone maggiormente esposte al rischio di contrarre una malattia”. Queste conoscenze, frutto dell’ingegno e della fatica di innumerevoli studiosi, consentono di giungere più facilmente non solo a una più efficace e precoce diagnosi delle malattie genetiche, ma anche a produrre terapie destinate ad alleviare le sofferenze dei malati e, in alcuni casi, perfino a restituire loro la speranza di riacquistare la salute. “Da quando, inoltre, è disponibile la sequenza dell’intero genoma umano, anche le differenze tra un soggetto e un altro e tra le diverse popolazioni umane sono diventate oggetto di indagini genetiche che lasciano intravedere la possibilità di nuove conquiste”. Queste affermazioni testimoniano lo sguardo positivo che la Chiesa ha nei confronti dei progressi scientifici, in genere, e della genetica, in particolare. Dovrebbero fugare una volta per tutte la consueta accusa di oscurantismo e di paura che ripetutamente le viene addossata. Anzi, si dovrebbe onestamente riconoscere lo sforzo che il Papa e i Vescovi fanno quotidianamente per avvicinare con rispetto il mondo scientifico, uscendo così dagli ambiti che sono loro più familiari.
La Chiesa crede di poter offrire un contributo al mondo contemporaneo, secondo una prospettiva di sana laicità. Nelle parole di Benedetto XVI riecheggia il pensiero del Concilio: le gioie e le sofferenze, le attese e le speranze del mondo sono anche quelle dei discepoli di Cristo. La ricerca scientifica, così importante, va sostenuta perché contribuisca al raggiungimento del vero bene dell’uomo. Che cosa suggerisce la Chiesa in questo momento? “La fatica del ricercatore in questi ambiti così enigmatici e preziosi” ha detto il Papa “richiede un particolare sostegno. Per questo la collaborazione tra le differenti scienze è un supporto che non può mai mancare per approdare a risultati che siano efficaci e, nello stesso tempo, produttori di autentico progresso per l’umanità intera”. Si tratta di creare una complementarietà delle scienze, superando quella distinzione che ha portato frammentarietà e isolamento. Il progresso scientifico deve andare di pari passo con la visione globale della persona. Occorre superare “il rischio di un diffuso riduzionismo genetico, incline a identificare la persona esclusivamente con il riferimento all’informazione genetica e alle sue interazioni con l’ambiente”. Si deve ricordare che l’uomo sarà sempre più grande di tutto ciò che forma il suo corpo; porta infatti con sé la forza del pensiero, che è sempre tesa alla verità su di sé e sul mondo. Ritornano alla mente le splendide parole di Blaise Pascal: l’uomo è il giunco più debole della natura, ma ha la forza del pensiero; sa di vivere e di morire e conosce il senso della propria esistenza.
Per la Chiesa è decisivo il fatto che ogni essere umano sia molto di più di una singolare combinazione di informazioni genetiche, che gli vengono trasmesse dai genitori. Ne consegue che la generazione di un essere umano non potrà mai essere ridotta a una mera riproduzione di un nuovo individuo della specie, così come avviene con un qualunque animale. Ne consegue, ancora, che nessuna persona può essere discriminata a motivo delle proprie caratteristiche fisiche, al fine di giungere ad una razza eccellente. Nonostante questo delirio, perpetuato sistematicamente nel secolo scorso, sia riprovato dalle coscienze, oggi si rifaccia una nuova forma di eugenismo. “Si insinua una nuova mentalità” ha sottolineato il Papa “che tende a giustificare una diversa considerazione della vita e della dignità personale, fondata sul proprio desiderio e sul diritto individuale. Si tende, quindi, a privilegiare le capacità operative, l’efficienza, la perfezione e la bellezza fisica, a detrimento di altre dimensioni dell’esistenza non ritenute degne”. L’esito finale è l’indebolimento del rispetto che è dovuto a ogni essere umano, anche in presenza di un difetto nel suo sviluppo o di una malattia genetica che potrà manifestarsi nel corso della sua vita. Queste possibili derive chiedono un pensiero forte, in cui antropologia e scienza offrano il meglio sull’uomo.