“Il termine nuova evangelizzazione è stato usato per la prima volta da Giovanni Paolo II in Polonia, nel 1979, nella città di Nowa Huta, il quartiere-dormitorio degli operai polacchi, modello di una città senza Dio, senza simboli religiosi, senza chiese”. Con queste parole mons. Salvatore Fisichella, meglio conosciuto come Rino, presidente del Pontificio consiglio per la nuova evangelizzazione, ha iniziato il suo intervento a Spoleto dove è stato ospite, giovedì 12 maggio al Sacro Cuore, dell’iniziativa culturale della diocesi “Dialoghi in città”.Questa edizione primaverile è dedicata alla figura del beato Giovanni Paolo II. Dopo il saluto di benvenuto dell’arcivescovo Renato Boccardo, con grande passione e convinzione Fisichella ha spiegato che questo nuovo dicastero vaticano è dedicato alla missione nel primo e nel secondo mondo, cioè nei Paesi dove l’annuncio del Vangelo è già avvenuto da secoli, ma dove oggi la sua incisività nella vita delle persone sembra essersi smarrita. Europa, Stati Uniti, America del Sud, Filippine e Australia sono le principali zone d’influenza della nuova struttura, che affiancherà la Congregazione di Propaganda Fide, dedicata invece all’evangelizzazione nelle terre di nuova missione. Citando un appunto rinvenuto nelle bozze del romanzo I demoni di Fëdor Dostoevskij, nel quale l’autore russo si domanda “se un uomo, imbevuto della civiltà moderna, un europeo, può ancora credere; credere proprio nella divinità del Figlio di Dio, Gesù Cristo. In questo infatti sta tutta la fede”, l’arcivescovo Fisichella a sua volta si è chiesto se “l’uomo di oggi [campione di ogni tecnologia possibile, ndr] è ancora disposto a credere in Gesù come Figlio di Dio, se sente il bisogno della salvezza, dimensione dimenticata spesso anche da noi sacerdoti. Nelle nostre omelie, infatti, abbiamo paura di parlare della vita eterna, di dire che dinanzi a Gesù non possiamo rimanere neutrali”. Poi, il Presidente del Pontificio consiglio per la nuova evangelizzazione ha invitato i presenti a non vivere ancorati alle nostalgie di un romanticismo passato, di un filone di pensiero che tende ad affermare che nella vita tutto sarà bello e a portata di mano. “Dobbiamo essere responsabili – ha detto – nel tempo presente. Oggi ci è chiesto di manifestarci come il sale della terra e luce del mondo. È oggi che siamo chiamati ad annunciare il Vangelo con ardore, con linguaggi nuovi, con maggiore slancio, con voce più fresca”. Ecco, dunque, spiegata la necessità di questo nuovo Pontificio consiglio, che si prefigge come primo obiettivo quello di conoscere la cultura nella quale il Vangelo deve essere annunciato, con le caratteristiche sopra enunciate. Fare questo è urgente, e la Chiesa chiede l’impegno di tutti per evitare che l’indifferenza religiosa si trasformi in ateismo, per non far nascere nelle persone il deserto interiore. L’arcivescovo Fisichella e la sua “squadra” si trovano a svolgere questo delicato servizio in una società narcisista, in piena crisi antropologica, prima ancora che finanziaria. “Chi è in crisi – ha detto il presule – è l’uomo che ogni giorno di più scopre di non essere il padrone di se stesso, di vivere nella solitudine. E ciò lo conduce sulla via della tristezza, della confusione, dove l’identità è andata dispersa, dove la responsabilità sociale e le relazioni interpersonali tendono a sparire». Questa debolezza dell’uomo, poi, deve fare i conti con la debolezza del contesto sociale europeo, nel quale sono venute meno tutte le certezze (lavoro, pensione, assistenza ecc.), dove è evidente lo sfaldamento delle sue origini che risalgano al IV secolo e che si sono propagate grazie a Benedetto da Norcia e a Gregorio Magno, due eminenti figure della Chiesa cattolica. “Come fa, dunque, l’uomo a crescere in questo contesto? – si è chiesto mons. Fisichella. – Noi cristiani in questa situazione di emergenza dobbiamo dare il nostro contributo. Per fare ciò, però, è necessario superare l’ignoranza nella nostra fede, annunciare con gioia che Gesù è risorto, non avere paura di chi non crede, di chi ritiene che facciamo solo proselitismo, di chi pensa che la Chiesa è contraria al progresso. Noi – ha detto – siamo i propulsori del progresso, non distruggiamo nulla, ma permettiamo all’uomo e alla società di progredire. E il compito del dicastero che il Papa mi ha affidato è proprio quello di contribuire ad uscire da questa crisi culturale e ideologica, proponendo la centralità della vita e della famiglia, favorendo l’etica nella finanza, riqualificando la presenza dei cattolici in politica. Ciò lo dobbiamo fare senza avere paura del mondo (sarebbe solo ignavia), ma aprendoci ad esso. Restare chiusi nelle nostre parrocchie renderebbe vana la Pentecoste”.Alle oltre 250 persone presenti Fisichella ha lanciato un appello, prima di lasciare Spoleto: “Rimbocchiamoci le maniche per far sì che la cultura cristiana continui a segnare la storia. Siate fieri di dire, nel bene e nel male, ‘sono cattolico’. Siate provocatori di riflessioni sul senso della vita. Chiudiamoci in noi stessi, chiediamoci chi siamo, perché amiamo, perché viviamo: così sapremo anche il perché soffriamo”.
L’uomo di oggi è disposto a credere?
Mons. Rino Fisichella, presidente del Pontifi- cio consiglio per la nuova evangeliz- zazione, ospite a Spoleto
AUTORE:
Francesco Carlini