Il Governo ha deciso che l’aeroporto San Francesco di Perugia è un “lusso” che l’Italia dei tanti sprechi non può più permettersi. L’Umbria, senza autostrade, è tagliata fuori anche dai collegamenti ferroviari ad alta velocità. Il progetto per alleggerire il traffico stradale sul cosiddetto “nodo di Perugia” perennemente intasato (chiedere ai pendolari nelle ore di punta) sembra relegato nel libro dei sogni. I cantieri della Perugia-Ancona sono quasi fermi da mesi, ed il Cipe ha bloccato la trasformazione in autostrada della E45, che intanto in molti tratti continua ad essere dissestata come una mulattiera. Gli enti locali non hanno più soldi per tappare le buche sui quasi 1.000 chilometri di strade interne. E Umbria Mobilità, che gestisce i servizi di trasporto pubblico locale, annuncia che nei prossimi mesi potrebbero essere tagliate linee e fermate perché non ci sono più i soldi neanche per pagare con regolarità gli stipendi ai 1.500 dipendenti. È questo lo scenario che accompagna la candidatura di PerugiAssisi a Capitale europea della cultura per il 2019. Già, cultura e turismo, che sono il “petrolio” dell’Umbria, una risorsa da difendere e valorizzare. Ma i nuovi turisti, quelli ricchi e colti provenienti dal Nord Europa, dall’America ed ora anche dalla Cina e dal Giappone, come arriveranno in Umbria se non ci sono collegamenti aerei internazionali, treni veloci e comode strade ed autostrade? La stessa domanda vale per manager e dirigenti delle nostre aziende e dei loro clienti internazionali. Aziende che per creare lavoro e ricchezza devono esportare, poiché l’export per fortuna continua a crescere in Umbria anche in tempi di grave crisi economica. Lo stesso vale per i nostri giovani, ai quali si chiede di adeguarsi alla flessibilità e mobilità di un mercato globale, nel quale si può lavorare tra Londra, New York e magari Pechino o Dubai.
Siamo in campagna elettorale, e allora sarebbe bene che tutti gli eletti che saranno chiamati a rappresentare gli interessi dell’Umbria in Parlamento, indipendentemente dal partito di appartenenenza, facessero squadra compatti per bloccare questo processo di isolamento che rischia di soffocare l’economia regionale. Isolamento che significa marginalizzazione dell’Umbria dalle grandi opportunità di sviluppo che la nostra piccola regione, con le sue bellezze artistiche e paesaggistiche, le sue tradizioni, i suoi prodotti enogastronomici ed artigianali, le sue aziende che hanno puntato sulla innovazione ed anche con i suoi santuari, può avere in questo mondo sempre più globale.