L’Umbria è…

Passo per passo, o meglio, articolo dopo articolo, si vanno delineando nello Statuto regionale i connotati dell’Umbria. Dopo tanto accumulo di materiale organizzato in una bozza dalla Commissione apposita (proposte, discussioni, partecipazione) il Consiglio regionale assesta, con votazioni, i colpi decisivi e conclusivi di un’opera importante destinata a durare nel tempo e soprattutto a ispirare la “filosofia” della politica regionale nei prossimi anni. È naturale che in una situazione di pluralismo culturale spinto all’eccesso, presente nella nostra società, ogni gruppo politico ha cercato di rappresentare l’Umbria con i propri colori di riferimento. E questo, in un dibattito sereno, alla ricerca sincera di una verità condivisa, è un nobile esercizio che nobilita l’azione politica in generale. E’ avvenuto nel dopoguerra con la formulazione della Carta costituzionale dell’Italia democratica. Riesce meno comprensibile il tentativo da parte di alcuni gruppi di vestire la nostra regione di panni che non le appartengono e magari di spogliarla delle sue vesti più appropriate. Allo Stato (non conosciamo ancora tutti gli articoli approvati) non sembra che il tentativo di stravolgere il volto dell’Umbria sia riuscito e tuttavia rimangono alcuni segni che potevano essere evitati. Uno di questi, è la legittimazione statutaria delle “varie forme di convivenza” che si è voluta affermare con l’impegno della loro tutela. Ci sembra un codicillo, breve, messo là quasi di sfuggita, come a voler tirare il sasso e nascondere la mano, inserito nell’articolo otto che tratta della famiglia. Un’espressione, tra l’altro equivoca. Avendo distinto queste dalla famiglia fa pensare a trattamenti diversi da quelli riservati alla famiglia; avendole, però, trattate nello stesso articolo, sotto lo stesso titolo, fa pensare ad una specie di varianti della famiglia, sostanzialmente ad essa identificabili e riconducibili. Per uno scherzo del destino, mentre molti pensano a coppie di fatto, comprese quelle omosessuali, le più numerose forme di convivenza in Umbria sono quelle religiose di frati e suore, che potrebbero fare domanda per avere una casa popolare. In queste osservazioni non c’è la pretesa di bloccare il progresso, di frenare la libertà dei cittadini o di voler imporre un principio cattolico. Non esiste, se non in alcuni dépliant turistici (che pure fanno tanto comodo per la promozione dell’economia regionale), da parte nostra, né dei vescovi, (di cui riportiamo a fianco il comunicato) l’idea di una regione rappresentata come un santino. Ma, in questo caso, si vuole trasmettere la preoccupazione per una parte della classe politica che non ha capito l’urgenza primaria per l’Umbria di sostenere la famiglia, pena il decadimento dell’intera regione. Se ci sono caratteristiche emergenti oggi nell’Umbria sono la crisi delle famiglie, l’invecchiamento della popolazione e il decremento demografico, ripianato solo dagli immigrati. Il codicillo aggiuntivo sulle convivenze è un segnale e può determinare un modo di pensare che riteniamo socialmente negativo come l’attenzione data all”orientamento sessuale’ nel sovrabbondante comma uno dell’articolo cinque. Non piangiamo, comunque, per san Benedetto e san Francesco che sono rimasti fuori dalla carta. Ci auguriamo che rimangano dentro la nostra storia.

AUTORE: Elio Bromuri