Cresce il disagio delle famiglie. La crisi economica si fa sentire e prima ancora che a rilevarlo ci pensi la statistica se ne colgono i segnali nei Centri d’ascolto delle Caritas che vedono aumentare il numero di persone che chiedono un aiuto. C’è chi non ce la fa a pagare una bolletta, un affitto o a comprare il pane, e non sono più solo gli immigrati extracomunitari ad ingrossare la lista d’attesa. I Vescovi umbri hanno colto i segnali di crescente disagio e hanno deciso di chiamare tutti a raccolta. Operativamente impegnate in prima linea la Caritas e la Commissione per la pastorale sociale e il lavoro regionali, in un servizio pastorale che coinvolge, però, tutte le diocesi umbre. La Nota pastorale firmata dagli otto vescovi (il testo su www.chiesainumbria.it) precisa l’organizzazione e le ragioni di questa mobilitazione straordinaria che compie il primo passo con la ‘Grande Raccolta’ indetta per domenica 29 marzo al fine di dare vita ad un ‘Fondo di solidarietà delle Chiese umbre’ al quale gli stessi vescovi contribuiranno personalmente. Di questo impegno delle Chiese umbre parliamo con mons. Riccardo Fontana, arcivescovo di Spoleto – Norcia e delegato Ceu per la Carità. Eccellenza, perché un’iniziativa di questo tipo? Non è sufficiente l’opera che già svolgono le Caritas e gli organismi di volontariato a sostegno delle famiglie povere? ‘La Chiesa anche in questo momento di crisi vuole essere vicina alla gente. Le difficoltà economiche che colpiscono le famiglie interpellano tutti noi che siamo convinti che la Chiesa di Gesù debba essere una famiglia di famiglie. E’ l’occasione giusta per dire che i danni della crisi, che i problemi di alcuni, se saranno supportati da molti, diventeranno più leggeri per tutti. La pedagogia dei fatti ci è stata insegnata nei tempi moderni da Paolo VI e da quel gruppo di sacerdoti favolosi che dettero vita a Caritas Italiana: Nervo, Pasini, Di Liegro e tanti altri. La Caritas è la carità della Chiesa diocesana, non una associazione e tantomeno una istituzione. Se non è che il servizio di coordinamento della carità, non è se stessa. Qualche giorno fa un saggio presule, parlando tra di noi vescovi umbri, diceva che questa crisi assomiglia per molti versi al terremoto che è passato sopra la nostra gente nel 1997. Anche allora c’era chi metteva a posto la propria casa, chi teneva in ordine le strade, chi provvedeva alla vita ordinaria delle nostre comunità. Poi, venne un evento che squassò tutto e non bastarono gli interventi di routine.Fu necessario mobilitare tutti e l’effetto di quell’atto di solidarietà è l’Umbria rinnovata dei nostri villaggi e delle nostre città’. Altre diocesi hanno preso una simile iniziativa ed anche la Cei, ma finora solo una conferenza episcopale, questa. Perché? Per unire le forze o anche per una ragione pastorale? ‘Si, non siamo stati i primi noi dell’Umbria a suscitare solidarietà. Ci rallegra di partecipare a questo gesto collettivo che altre diocesi hanno già animato.Queste scelte di carità esprimono il nostro essere parte a quella più larga comunione che sono le Chiese d’Italia. L’appartenenza attraverso la carità è come quando la nostra gente riconosce i membri di una famiglia, perché hanno tratti distintivi comuni. Si, siamo della stessa famiglia dei cristiani di Milano, di Vicenza, di Siena, di Lodi, di Caltanissetta e di tante altre Chiese d’Italia. Lo abbiamo fatto insieme, le otto Chiese sorelle dell’Umbria, perché da anni siamo abituati a fare progetti di carità in forte sinergia. Nella nostra piccola regione siamo sempre più convinti che se la Chiesa vuole essere significativa deve agire in rete’. Come definirebbe questa iniziativa: di carità o di giustizia? ‘Attivarsi perché chi è nelle difficoltà per via della crisi economica è ad un tempo opera di giustizia e di carità. E’ opera di giustizia per lo Stato e per i suoi organi. E’ opera di carità per chi non ha doveri istituzionali a provvedere alle crisi economiche. Nei secoli la Chiesa si è sempre messa a servizio dei bisogni, anche economici, della gente, nella convinzione che la sussidiarietà è suo dovere all’interno del corpo sociale. Anche questa volta non vogliamo prendere il posto di nessuno. Crediamo doveroso mirare i nostri interventi a vantaggio di quelle famiglie per le quali le pubbliche istituzioni non si sono ancora organizzate. Spendiamo la nostra credibilità di pastori, ma non abbiamo altre risorse significative che quelle che ci vengono affidate. Ecco perché una grande colletta. La gente si fida di noi’. Per i dettagli dell’erogazione del fondo la Nota rinvia ad un regolamento e il 29 ci sarà questa grande raccolta. Quali tempi prevede per l’effettiva operatività del ‘Fondo’? ‘Per non illudere nessuno prima bisogna avviare la raccolta e poi la distribuzione. Il regolamento servirà per evitare arbitri, per scongiurare profitti, per assicurare a tutti che il danaro raccolto sarà gestito con ogni trasparenza e doverosa rendicontazione. Dobbiamo dire la nostra gratitudine al sistema bancario umbro che si è mostrato subito sensibile al problema che non è nostro, ma di tutti. Con l’aiuto dei tecnici, che si sono detti pronti ad agire gratuitamente, stiamo trovando un buon sistema per la distribuzione, perché sia rispettato il principio evangelico che a tutti chiede che la mano sinistra non sappia ciò che fa la destra. Ma di questo daremo conto quando il ‘Fondo di solidarietà delle Chiese umbre’ avrà preso la necessaria consistenza’.
L’Umbria chiamata ad una grande mobilitazione di solidarietà
La Chiesa anche in questo momento vuole essere vicina alla gente in situazione di disagio
AUTORE:
Maria Rita Valli