Ormai vicini al 5° Convegno ecclesiale di Firenze, alcune annotazioni possono esserci utili per approfittare di questa nuova grazia che il Signore offre alla Chiesa italiana.
Anzitutto il tema. Il mistero dell’uomo “trova vera luce nel mistero del Verbo incarnato… Gesù Cristo, proprio rivelando il mistero del Padre e del suo Amore, svela anche pienamente l’uomo all’uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione” (Gaudium et spes, 22). È questa una delle affermazioni più note del Concilio celebrato esattamente cinquanta anni fa: ha molto da dire al Convegno.
San Paolo ripete più volte nelle sue lettere che la vita vera si svolge “in Cristo, con Cristo, per Cristo”, come riassume la dossologia eucaristica.
I Vangeli testimoniano che Cristo è “Via, Verità e Vita” e ci raccontano la sua esistenza umana in chiave di povertà e umiltà, di totale dedizione al Padre e agli uomini bisognosi, nel segno dell’obbedienza fino alla morte in croce e della carità sino alla fine. Ci dicono a chiare note che in lui si è attuato l’umanesimo più alto. Siamo dunque invitati non tanto a una riflessione filosofica quanto ad attualizzare una precisa testimonianza storica.
Guardando il nostro tempo rileviamo principalmente una crisi antropologica tra umano, disumano e post-umano. Poter discernere e incarnare gli elementi essenziali della “vita buona del Vangelo”, questo è l’impegno degli Orientamenti pastorali del decennio in corso. Ci aiuta non poco il Sinodo sulla famiglia che si è appena concluso: i suoi contenuti e il metodo adottato hanno molto da insegnarci per fare un buon convegno. Nell’orizzonte ci dovrebbero essere l’Evangelii gaudium e il prossimo Giubileo della Misericordia, il cui tema è “Misericordiosi come il Padre”. Per Papa Francesco la misericordia è “l’architrave che sorregge la vita della Chiesa”. Essa rivoluziona il mondo e l’uomo, in quanto lo fa passare dall’egoismo, dall’indifferenza e perfino dal cinismo alla solidarietà e alla fraternità. L’umanesimo vissuto da Cristo e da lui proposto alla Chiesa si incentra sul diventare fratelli capaci di misericordia come il Padre. È ciò che sviluppa san Paolo nell’inno alla carità (1Cor 13) e che dovremmo tradurre concretamente nelle opere di misericordia.
In Umbria abbiamo una grande tradizione spirituale, testimoniata da santi e sante che hanno visibilizzato umanesimi di alto profilo. Il messaggio dei vescovi umbri ha richiamato l’attenzione sulla figura di san Francesco, di san Benedetto, di santa Rita e di Madre Speranza, ma tante altre testimonianze hanno segnato profondamente la nostra regione. A me piace ricordare anche il grande esempio di dedizione generosa verso l’umanità ferita (malati, bambini e poveri) di Vittorio Trancanelli che sarà prossimamente – speriamo – beatificato. Per dire che l’umanesimo di cui parliamo a Firenze deve andare in questa direzione esistenziale, calata nella nostra realtà umbra.
Una preoccupazione: il Convegno, con l’impegno di tutti, sarà significativo nella misura in cui ispirerà la pastorale a seguire proprio nell’ottica del Giubileo della Misericordia e di quella conversione evangelica a cui il Papa sta fortemente spingendo la Chiesa.