Lui con lei (d)al suo fianco

Commento alla liturgia della Domenica a cura di Bruno Pennacchini XXVII Domenica del tempo ordinario - anno B

La lettura evangelica odierna si svolge in tre scene: nella prima Gesù discute con un gruppo di farisei sul tema del divorzio (Mc 10,2-9); nella seconda, riprende lo stesso tema con i discepoli, dentro casa (10,10-12); nella terza scena si torna all’esterno, dove lo troviamo con i discepoli e un gruppo di adulti che cercano di presentargli dei bambini (10,13-16). I farisei sono costantemente in polemica con Gesù e non perdono occasione per cercare di incastrarlo. Questa volta gli sottopongono una questione di ordine matrimoniale. Gli domandano quale motivo, secondo lui, sia sufficiente per ripudiare la moglie.

Nel giudaismo contemporaneo era scontato che il marito avesse facoltà di ripudiare la moglie. Non però viceversa: era impensabile che la moglie potesse ripudiare il marito. Tra le varie scuole di pensiero, la discussione verteva sul motivo sufficiente al marito per consegnare alla moglie il certificato di divorzio. Alcune scuole ritenevano che l’adulterio fosse certamente sufficiente; altre esigevano molto meno; c’era perfino chi sosteneva che bastava che lei avesse fatto bruciare l’arrosto. Secondo l’uso scolastico del tempo, Gesù risponde agli interroganti con una contro-domanda: “Che cosa vi ha ordinato Mosè?”. Era come domandare: “Quale è il pensiero di Dio espresso nelle Scritture sante?”. Loro però la intendono sul piano strettamente giuridico e rispondono che il diritto mosaico prevede la possibilità che il marito consegni alla moglie un certificato di divorzio.

Gesù li invita ad allargare la visuale e andare oltre il diritto mosaico, il quale è posteriore, rispetto all’intenzione creatrice di Dio. Mosè dovette scrivere quella norma, a causa della “durezza del vostro cuore”. Nel libro della Genesi infatti è scritto che in principio Dio creò l’uomo maschio e femmina. “Per questo l’uomo lascerà suo padre e sue madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno un sola carne” (Gn 1,2,27). Questa Scrittura, citata sinteticamente da Gesù, è riportata per esteso nella prima lettura. Sebbene, almeno nel mondo occidentale, quasi tutti conoscano questi primi capitoli della Bibbia, molti si ostinano a leggerli come fossero la cronaca degli avvenimenti, o addirittura una sorta di relazione scientifica. Evidentemente si tratta di ben altro.

Siamo di fronte a pagine di letteratura, molto vicine alla poesia, che cantano il rapporto delle creature con Dio, che riconoscono loro Creatore; cantano anche il rapporto dell’uomo con la propria origine e i propri destini: con la natura, con gli altri esseri viventi, con il lavoro e il riposo, con il dolore e la morte. E altro ancora. Tutto si esprime per mezzo di metafore e simboli, spesso lontani dalla nostra sensibilità occidentale; ma non per questo meno autentici. Particolare rilievo si dà al rapporto maschio-femmina. “Dio creò l’uomo a propria immagine; maschio e femmina li creò” (Gn 1,27). Vale a dire: Dio ha impresso la propria immagine nella coppia umana, piuttosto che nel singolo.

Il testo della Genesi, al capitolo secondo, immagina simbolicamente questa scena: Dio è un chirurgo plastico che interviene su Adamo in anestesia totale, gli reseca un fianco e con quello costruisce Eva. Quando Adamo si sveglia dall’anestesia, se la trova davanti, bellissima, ché Dio gliel’ha portata. Di fronte a tanto splendore, Adamo perde la testa. Abituato a vedere solo animali, che non gli somigliavano per niente, proprio non se l’aspettava di vedere qualcuno che, pur diverso da lui, gli somigliava tanto e l’attraeva, quasi volesse tornare “al suo fianco”, che il chirurgo divino gli aveva portato via. Allora esplode in canto d’amore e di stupore: “Questa volta sì! È osso delle mie ossa, carne della mia carne. La si chiamerà donna, perché dall’uomo è stata tolta” (2,23).

Purtroppo la traduzione non riesce a rendere il gioco di parole del testo originale. Nelle nostre lingue le due parole “uomo” e “donna” suonano in modo totalmente diverso. Non così in ebraico, dove uomo si dice: ish e donna ishà. Sarebbe come se in italiano dicessimo: “uomo e uoma”. Torniamo alle parole di Gesù. Non crediate, egli dice, che il matrimonio sia un semplice contratto fra un uomo una donna, che volontariamente uniscono i loro destini. Questa è solo la dimensione orizzontale. C’è anche una dimensione verticale, che coinvolge Dio: l’uomo, la donna, Dio. Egli è parte essenziale in ogni amore umano, perché ne è l’origine e il garante. Per questo il grande amore che unisce un uomo e una donna è per sua natura eterno e introduce già, in qualche misura, nel Regno. A noi proteggere questo legame. Chi non sa che gli incerti della vita talvolta richiedono eroismo? Dio lo rende possibile a chi possiede un animo da bambino. “A chi è come loro appartiene il regno di Dio” (10,15).

 

AUTORE: Bruno Pennacchini Esegeta, già docente all’Ita di Assisi