La notizia della scomparsa dell’on. Luciano Radi all’età di 91 anni ha suscitato un generale cordoglio e un coro di dichiarazioni volte a mettere in evidenza la grandezza di questo personaggio.
Nato a Foligno e morto nella sua città ha rappresentato l’Umbria nella sua azione politica nel partito della Democrazia cristiana a livello nazionale avendo ricoperto importanti ruoli nel Parlamento nazionale. La sua vocazione politica è stata originata da un scelta di impegno cristiano laicale nella società di cui ha reso esplicita testimonianza.
Oltre alla lunga e intensa attività politica Radi ha svolto una attività di ricercatore e scrittore sia nelle materie socio economiche di cui è stato docente sia di argomenti di vita sociale e religiosa. Nei suoi circa cinquanta libri, alcuni dei quali di grande successo, figurano vite di Santi umbri ed argomenti religiosi. Ha concluso la sua attività letteraria raccontando un’esperienza di ritiro spirituale intitolato “I giorni del silenzio”.
Radi rappresenta un felice sintesi tra l’intellettuale e il politico concreto, tra il laico cattolico ben formato nella dottrina della Chiesa e l’uomo libero nell’esercizio della su professione. I cattolici impegnati nel sociale lo ricorderanno con ammirazione.
LUCIANO RADI: la scomparsa di un protagonista
La scomparsa di Luciano Radi segna, insieme all’inesorabile scorrere del tempo, la distanza tra la politica che fu e quella che ci consegna ora la quotidianità dei nostri accadimenti. Il tempo in cui Luciano Radi nacque alla politica ed in essa visse poi da autentico protagonista non consumava in pochi giorni, o in una semplice stagione , programmi, idee e partiti.
Radi ha vissuto la politica dei passi lunghi, la politica che cercava di riscattare un difficile presente disegnando e progettando un auspicabile futuro. L’ Italia degli anni 50 e 60 cercava di riscattare il nostro paese dalle difficoltà del dopoguerra, ma insieme progettava il boom economico e coltivava e realizzava l’avvio impossibile dell’Europa, dando slancio e futuro alle generazione degli italiani che si affacciavano in anni in cui nulla era scontato e tutto da raggiungere. Quelli erano anche gli anni in cui i cattolici diventavano protagonisti della politica del nostro paese, disegnando il nostro welfare e lo sviluppo della nostra economia, ispirandosi alle grandi encicliche sociali della Chiesa.
Con questi orizzonti e con questa cultura Luciano Radi è stato prima dirigente della DC poi parlamentare, sottosegretario e ministro. Veniva da quella grande fucina di intelligenze e di impegni che è stata la DC di Foligno e si è misurato a livello nazionale con l’impronta decisamente sociale ed innovativa di Amintore Fanfani. Attitudine questa che era corroborata dal suo impegno nel territorio, nell’Umbria della grande trasformazione da regione mezzadrile in regione industrializzata. Da questa sua attitudine, che era prevalentemente disponibilità umana, sono nati anche i suoi saggi ed i suoi libri.
Nell’uomo Radi non c’era solo l’economista che si nutriva di rigorosi studi statistici per la conoscenza del reale, non solo lo studioso che amava leggere anche i fatti della contemporaneità con il distacco dello storico, ma anche l’uomo di cultura che amava il bello ed una scrittura di una levità compartecipe ed appassionata. Da questa sua multiforme capacità sono nati saggi storici e di economia sociale, ma anche pregevoli annotazioni sulla vita umbra, come “ Nati due volte”, un libro oggi tutto da rileggere.
Condusse le sue battaglie all’interno della DC con forza e coerenza, ma senza fare una escludente corazza della sua appartenenza ad una corrente che fu a lungo maggioritaria. Anche in queste sue battaglie Radi rimaneva uno studioso che non si ammantava della sua naturale signorilità per segnare un distacco ed una diversità. Un uomo del secolo scorso ? Forse, ma certamente un credente, che ha fatto della sua fede lievito ed intelligenza della sua azione sociale.
Anche per questo ci piace oggi ricordare Luciano Radi, accompagnandolo nella nostra memoria ad altri che sono stati protagonisti del nostro passato e sull’opera dei quali si fonda quanto di meglio c’è oggi nell’Italia e nella politica del nuovo secolo in cui viviamo.
Pierluigi Castellani