“Dalla Messa Crismale diparte, come da un unico fonte, il fiume di grazia dell’organismo sacramentale di cui noi siamo I’alveo, misero e indegno, ma pur sicuramente adduttore”. Con queste parole l’arcivescovo Renato ha iniziato l’omelia della Messa crismale celebrata mercoledì 20 aprile nella cattedrale di Spoleto. “Sentiamo il bisogno di rivedere, nella luce della fede, la realtà ineludibile del nostro legame di sacerdoti con Cristo e con la sua Chiesa, per riscoprire la nostra identità soprannaturale e per risentire la carica operativa di amore e di grazia che da essa promana e ci fa servi del Signore e del suo popolo. La nostra configurazione a Cristo, capo della Chiesa e del popolo sacerdotale, è un dato certo della nostra fede, di cui non esauriremo mai l’insondabile e sorprendente ricchezza. Nella Chiesa, dunque, sacramento universale del Cristo, noi sacerdoti rendiamo possibile in modo speciale – e non per virtù nostra – la comunicazione della vita di Dio agli uomini, che discende dal mistero pasquale del Signore. Al di là, perciò, delle singole missioni che ci sono affidate, noi siamo ‘espressioni’ di Cristo, testimoni che attualizzano la sua presenza, segni viventi di lui, sacerdote e pastore. Perché il sacramento dell’Ordine ha fatto di noi, nell’economia della Chiesa peregrinante, non semplicemente dei funzionari o dei mandatari giuridici, ma dei segni ‘personali e viventi’ del Cristo vivente, operante e presente. Diminuire questo impegno totale, focalizzare il nostro sacerdozio in alcuni impegni pastorali e ridurlo a momenti solenni e qualificanti, è sottrarlo alla nostra vita, frantumare il nostro io personale, sganciarci dall’amore indiviso per Cristo che ha preso tutto di noi e ci ha segnati di sé non per un’ora soltanto, ma per tutta la nostra esistenza. Fratelli miei, non abbassiamo, da miseri legalitari, il livello di grazia cui Cristo ci chiama; non perdiamo, da poveri e soddisfatti borghesi, la tensione inquietante per arrivare dove non siamo! Restare fermi, in soddisfatta sicurezza, sarebbe per noi la più grave e forse la più comune e smascherata infedeltà. Ed anche la più deludente infelicità. La liturgia della Messa Crismale ci sollecita ad un serio e profondo esame di coscienza. Quanto dolorosamente si contrappone al nostro inderogabile obbligo di comunione sacerdotale il nostro parzialismo individualistico, la nostra sete di affermazione personale, il nostro spirito aziendale! Abbiamo tutti urgente bisogno di amicizia più sincera e virile, di collaborazione più concreta e dialogante, che ritrovi in Cristo e nella missione che egli ci ha affidato il suo punto focale e risolutivo. Dobbiamo tutti intensamente lavorare per favorire, prima degli impegni e delle cose da fare, quegli elementi e quelle vie che ci aiutano a conoscerci, ad incontrarci in verità, ad accoglierci reciprocamente come fratelli in un ambiente sereno e di stile familiare; dobbiamo imparare ad avere stima gli uni per gli altri; ad avere e dare fiducia; a non mettere etichette e ad accettare ognuno per quello che è, rifuggendo il chiacchiericcio inutile e dannoso; a considerare quello che fanno gli altri come un dono anche per noi stessi; a saper gioire delle iniziative pastorali riuscite ed apprezzare la generosità e l’impegno altrui. La testimonianza della fraternità presbiterale è un segno esemplare che aiuta anche le nostre comunità a crescere come ‘casa e scuola di comunione’ e mostra quanto sia decisivo l’amore che unisce coloro che seguono il Signore. Un presbiterio unito è la prima via da percorrere per servire gli uomini ed annunciare il Vangelo in modo credibile; il primo volto della missione è la comunione. Perché la fraternità non è solo funzionale al superamento della solitudine o ad una maggiore efficacia pastorale, ma è condizione fondamentale per edificare la Chiesa, una Chiesa carica di fede e di speranza perché vive di amore. Il mio pensiero va anche a voi, carissimi fratelli e sorelle, che siete i testimoni quotidiani del servizio apostolico dei nostri preti, i collaboratori preziosi e discreti del loro ministero, gli amici fedeli che sanno accogliere, ascoltare ed aiutare, aprendo le porte della casa e del cuore. Vi ringraziamo, con pensiero intenso e profondo. Continuate ad accompagnare il nostro cammino, compatendoci nelle nostre povertà ed incoerenze, pregate per noi e continuate a volerci bene. Infatti, che cosa sarebbe un prete senza la sua gente? Nell’amore e nel servizio a tutti voi, alla scuola dell’unico Maestro, la nostra vita trova infatti la sua definizione e la sua più alta realizzazione”. ANNIVERSARI dei pretiNel corso della Messa crismale sono stati ricordati quei sacerdoti che hanno percorso un lungo e fecondo servizio ministeriale: 75 anni di sacerdozio di padre Luigi Giuliani, osa; 70 anni di mons. Agostino Rossi; 65 anni di don Ludovico Bella, di padre Giulio Mancini ofm, e di padre Carlo Vincenti osa; 60 anni di mons. Giovanni Marchetti, don Carlo Cardarelli e don Luciano Nanni; 55 anni di mons. Vincenzo Alimenti, don Guerrino Conti, don Giovanni Ferri, don Elio Zocchi e don Giulio Martelli cpps; 50 anni di don Gaetano Conocchia e mons. Sergio Virgili; ai 25 anni di mons. Alessandro Lucentini e di padre John Ouseph Pullan, vc. “Insieme con loro – ha detto mons. Boccardo – noi tutti facciamo memoria riconoscente del giorno e dell’ora in cui siamo stati configurati per sempre a Cristo. Come non elevare il nostro inno di lode; come non rinnovare, in un commosso grido di gioia, la nostra confusione, la nostra gratitudine e la promessa della nostra consacrazione? Con tutto il carico delle nostre infedeltà e della nostra miseria, con la corona di spine delle nostre afflizioni e delusioni, riconosciamo ugualmente che tutto è grazia nella nostra vita: con animo commosso e riconoscente benediciamo il Signore”.