Ho assistito anch’io in TV alla performance (si dice così, non sono io che l’ho deciso) di Roberto Benigni a San Remo. Vi ho assistito per due motivi. Primo perché, sempre in TV, era appena finita la splendida partita Inter – Juventus, e le poche volte che è dato assistere a partite di quel livello il cor si riconforta. Secondo perché mi avevano enormemente incuriosito le sparate contro Benigni con le quali Giulianone Ferrara ogni sera, per più di una settimana, aveva infiocchettato il Diario di pace e di guerra che conduce a gambe forzatamente divaricate su La7, in coppia con Gad Lerner. Benigni, autentico ragazzaccio, è stato di una volgarità insopportabile quando ha messo mano in partibus infidelium di Pippo Baudo. Era stupido e non era necessario. Nemmeno i ragazzacci possono permettersi le cose stupide e non necessarie. Quando ero un bambino ricordo che un mio amichetto fece qualcosa del genere al più timido della classe, e sua madre sibilò, mentre gli rifilava un maestoso ceffone: “Zozzone, la prossima volta ti taglio la mano!”. Le faccia a casa sua, quelle mediocri porcherie da osteria a tarda ora, il ragazzaccio/Benigni. Ma era solo il pessimo inizio d’un volo pindarico. Perché il ragazzaccio è un ragazzaccio di genio. Ed è così che improvvisa, inattesa, al centro di quel tempio del cattivo gusto che è il Teatro Ariston di San Remo, è fiorita la poesia. La poesia più alta. Quella che affonda le sue radici non in un fatto o in un sentimento, ma nella tensione a strappare alla realtà il suo ultimo segreto. La poesia che si nutre di filosofia, o di teologia. La poesia del De rerum natura di Lucrezio. La poesia del Paradiso di Dante, troppo spesso sottovalutata, e in maniera del tutto insensata, rispetto a quella dell’Inferno o del Purgatorio.Maria, vergine e madre. Umile ed alta. Madre di suo Figlio. Poi l’incanto, il silenzio, lo stupore. Il groppo alla gola. Poi tutti in piedi, nella cattedrale del kitch, ad applaudire e gettare fiori. E il rimpianto: ma davvero la TV dovrà per i secoli ammannirci solo spazzatura? E fiori del tutto occasionali, come quelli di Fabrizio De Andrè, che nascevano sempre e solo dal letame?